mercoledì 29 dicembre 2021

Intervista allo psichiatra Eugenio Borgna sull'insostenibilità della solitudine della morte in pandemia



Ai No Vax dico: abbiamo l'obbligo di difendere la vita"


https://www.huffingtonpost.it/entry/ai-no-vax-dico-abbiamo-lobbligo-di-difendere-la-vita_it_61cc0c67e4b0bb04a634cec3?utm_hp_ref=it-homepage


Pubblico alcune parti dell'intervista


Con Basaglia, rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia arrivò ad attuare la 180, per Norberto Bobbio ‘la Legge più rivoluzionaria di sempre’. Passare da un impianto manicomiale a uno territoriale mise al centro del nostro lavoro l’ascolto, il dialogo, la percezione dei silenzi, la vicinanza al dolore. Se ci fossero stati ancora i manicomi, penso a quelli di Roma, Milano e Genova, con lo scoppio della pandemia avremmo assistito a un’ecatombe. La territorializzazione, nonostante tutto, ha saputo rendere meno tragica la condizione dei più deboli, dei più indifesi”.


C’è anche chi va incontro alla morte accettando il rischio di non vaccinarsi. Sa che ci si può infettare, finire in terapia intensiva e morire, ma la paura del vaccino vince la paura di morire. È davvero incomprensibile come l’uomo possa far male a sé stesso e all’altro, dimenticando che siamo comunità o non siamo, che il dolore riguarda tutti, che nessuno può salvarsi da solo. La scienza indica come proteggerci e come proteggere, come sfuggire al drago dell’oblio. Perché non ascoltarla? A chi dovremmo prestare ascolto in un tempo così cupo? Agli imbonitori? A chi vuole mobilitare le coscienze giocando con la storiella dei complotti? Dobbiamo difendere la vita. Abbiamo l’obbligo di difenderla”.


“Non posso fare a meno di Sant’Agostino, delle parole che il Cardinale Martini, per restare nella sfera della spiritualità, ha scritto su Sant’Agostino. Leggo Georges Bernanos, Teresa d’Avila, Thomas Mann. Leggo Emily Dickinson, Cristina Campo, George Trakl, Antonia Pozzi. Se le parole sono creature viventi, le loro parole, i loro scritti ci accompagnano nella fatica quotidiana, nella complicata lettura delle contraddizioni dell’umano”.

venerdì 24 dicembre 2021

GULAG E ACCUMULAZIONE CAPITALISTICA


"la completa estraneità della Russia stalinista a rapporti sociali di produzione socialisti. La Russia cosiddetta sovietica non fu mai socialista, né in senso “ideale”, ovviamente, né in senso “reale”. Per il Partito di Lenin e di Trotsky si trattava di resistere al potere in attesa che la tanto sospirata rivoluzione in Occidente (soprattutto in Germania) venisse a salvare la Russia dei Soviet dall’isolamento e dalla miseria sociale che rischiavano di precipitarla nel baratro della controrivoluzione, cosa che infatti avvenne sotto il miserabile velo del “socialismo in un solo Paese”; per  il Partito di Stalin si trattò invece di costruire un moderno capitalismo a tappe forzate e accelerate, anche per fondare nel più breve tempo possibile l’imperialismo russo su solide basi, dopo il disastroso crollo dell’Impero zarista. Lo stakhanovismo fu solo uno degli aspetti, quello “ufficiale”, che assunse a quei tempi lo sfruttamento intensivo dei lavoratori russi da parte del Capitale. Il capitalismo con caratteristiche sovietiche non fu certo un pranzo di gala – soprattutto per i lavoratori e per i “dissidenti politici”... «A chi si stupisce per l’impressionante continuità geopolitica tra la Russia zarista, quella sovietica e l’attuale Federazione sfugge evidentemente la continuità storica che lega quelle tre esperienze sociali/nazionali, e questo si spiega soprattutto con il presunto carattere “socialista” dell’ex Unione Sovietica, la cui natura radicalmente (esclusivamente) capitalistica stenta ancora a farsi spazio nella testa degli economisti, dei sociologi e dei politologi che studiano l’”eterna” Russia».(Sebastiano Isaia 


L'intero articolo che inizia con una lunga citazione dello scrittore bielorusso Viktar Martinovič (dissidente)  sta in

https://sebastianoisaia.wordpress.com/author/sebastianoisaia/