venerdì 23 febbraio 2024

La luna sulla terra di Riccardo Redivo.Un racconto dalla raccolta di Riccardo Redivo Racconti sempre meno (Robin Edizioni 2023).






Alla Terra che l’uomo calpesta

La fantasia è la facoltà di rendere plastico.
Novalis

   Infine hanno scelto me.
Una doppia vittoria dentro un’abissale sconfitta.
Vittoria perché hanno scelto me, appunto, e vittoria perché non ho una laurea, solo lavori e conferenze, scrittura e parole e, prolungamento di questa vittoria, non sono mai andato, almeno volontariamente, in TV o sul web (i filmati dei miei interventi arrivano subito dappertutto, ma non con il mio consenso). Quindi io, senza accademia, senza televisione, senza web. Ma è meno di una consolazione, è quasi il colmo di una conferma perché il mio compito è compreso dentro una sconfitta mostruosa, incredibile, sovrumana. Tutta l’arte fisica, concreta, plastica, finirà sulla Luna. Tutta. Tutte le manifestazioni artistiche che occupano spazio. Tutte. Di primo acchito mi sono messo a ridere, ma le giacche, gli occhiali, le età e quell’aria da noi possiamo tutto, abbiamo voti, soldi e potere mi hanno convinto: non scherzavano e mi avrebbero pagato quanto volevo. Piangevo per le mie due vittorie e per la più grande sconfitta dell’uomo. Spostare la propria arte, il proprio sensibile e visibile nucleo umano su un altro pianeta, apparentemente per rispettarlo, valorizzarlo, proteggerlo, in verità per disfarsene e liberare un bel po’ di spazio ad alloggi per esseri umani, è mostruoso, anche il solo pensarlo, figuriamoci il concepirlo. Le case, o meglio i dormitori che ne risulteranno saranno privi di fregi, di curve, di amore, di anima o di un seppur minimo approccio trascendentale. La traccia della propria umanità, spostata: rimarranno solo filmati, video e scansioni, ricordi subacquei di un cielo che non esisterà più, o che diventerà molto presto incomprensibile. Anche gli incunaboli, le cinquecentine, tutti i libri fino alla nostra ultima produzione libraria finiranno sulla Luna. Quegli uomini in nero, grigio e blu, in doppiopetto e senza barba, hanno detto che sospenderanno, grazie a una legge creata ad hoc, la pubblicazione di libri cartacei il primo gennaio del prossimo anno, anche qua per motivi ambientali, dicono, ma la verità è sempre quella, per dare alloggio al corpo umano, che abiterà vuoto case vuote: corpo e casa, due corpi freddi che non potranno riscaldarsi più. Magari non alla prima generazione, non alla seconda, ma alla terza, alla quarta… Venticinque miliardi di persone su questa Terra, ma che notizie, che storie, che arti si possono avere, si possono studiare, si possono fare? Niente, nulla, solo claustrofobia e sopravvivenza. E quindi via l’arte toccabile, visibile, annusabile, sfogliabile. Già non se ne sentiva la mancanza… non è vero, alcuni di noi avevano percepito una diminuzione, una riduzione collettiva dell’arte concreta, tangibile: a saper guardare, da anni non si creava nulla.


   Ho appena iniziato il lavoro e già il vuoto creato dalle rovine e dalle arti di Creta è stato rimpiazzato da un grattacielo chilometrico, un blocco unico, da costa a costa, senza soluzione di continuità. Così straniante che la parola grattacielo è sbagliata o insufficiente perché non ci sono case che possano indicare una qualche altezza, un qualche livello standard di confronto: se non c’è un riferimento, che cos’è l’alto?
Sulla Luna, invece, è tutto bello, ogni volta che ci penso e ogni volta che la vedo, piango, piango con la consapevole amarezza del privilegio che abbiamo io e la mia squadra di neanche cento persone fra esperti delle varie aree e trasportatori che mi hanno permesso di scegliere (non contando le migliaia di carcerati che sgobbano come bestie senza conoscerne il senso).
Con l’infinità di risorse e di soldi da parte di tutti i governi del pianeta (liberare chilometri quadrati significa investimento) sto realizzando una cosa impossibile che vedrà la luce nonostante la sua assurdità. All’inizio però non sapevo proprio da dove prendere questo progetto, da dove partire. Ero basito e smarrito. Poi mi sono fatto coraggio e ho scelto la via più semplice e chiara, la più semplice e chiara idea che potevo avere, almeno così ancora mi ripeto. Trasportare le varie fasi di una città, di una cultura mostrando i vari livelli di crescita, evoluzione, annientamento: non avevamo problemi di soldi e così potevo ricostruire tranquillamente uno sopra l’altro i vari periodi e anche integrarli tra loro. E ho subito capito che avrei fatto scoperte interessantissime in merito a molte civiltà concrete (così le chiamano nell’insegnarle ai ragazzi: civiltà che inquinavano e prendevano spazio, non come stavano facendo loro fondando questa nuova civiltà astratta… che in realtà mi sembra un’operazione in cui si asporta il paziente e si tiene il tumore). Non sapevo però da che civiltà, da che cultura iniziare né come circoscriverla. Poi ho trovato sia il come che il dove, ponendomi da filologo dell’arte umana. Per quanto sembri assurdo e borioso, era più o meno quello che mi si chiedeva, quello per cui ero pagato. Quindi sono partito per aree, prossimità di aree fino a conquistare tutto il mondo manufatto, tutto il mondo passato che abbia lasciato un’orma non digitale e non sonora. Sembra tanto, sembra impossibile, ma una volta progettato bene, tutto funziona, come un’operazione di chirurgia senza possibilità di emorragia o infezione. Almeno fisica. Strano no? Un’operazione fisica, concreta come la mia, che non provoca sangue né morti, è più devastante di tutte le operazioni a cuore aperto mai fatte. Perché il cuore su cui opero è chiaramente metaforico. Per fortuna non ho dovuto preoccuparmi né dei dinosauri o degli altri fossili animali, né dei resti scheletrici appartenuti ai nostri lontani fratelli, quelli che ci hanno preceduto e che non ci seguiranno. La parola d’ordine, la chiave era Arte nel suo significato più vasto, completo, il risultato tangibile di una modificazione per mano umana a fini artistici, trascendentali, di bellezza.

   Dopo aver salvato – alle volte mi dico, realisticamente, tradito – le prime opere dell’uomo quali le scritture murali (le incisioni rupestri della Valcamonica in Lombardia o le pitture rupestri di Lubang Jeriji Saléh nel Borneo o nella grotta di Chauvet in Francia…), i primi strumenti (i flauti d’osso, i tamburi di pelle…) le prime abitazioni (le molte grotte modificate in tal senso ma anche le tracce di alcune palafitte…) che alla fin fine non sono molte, pensavo di iniziare dalle popolazioni mesopotamiche, dalla mitica Mezzaluna fertile ma poi mi sono deciso per un’altra culla, Creta (quella della lineare A, dei geroglifici, della civiltà minoica) perché era una zona circoscritta che mi consentiva di fare la prima prova. Se per le precedenti opere le zone erano sparse e piccole (grotta, altipiano, parete, museo) per le successive epoche artigianali, artistiche, tecnologiche no, anzi. Per cui mi sono orientato sul piccolo, in termini relativi, per farmi le ossa e capire se la mia scelta poteva avere dei punti deboli. Ovviamente di punti deboli ne aveva, ma non così importanti da impedire il disegno generale, la teoria che avevo in mente e che oramai ha preso abbrivio e concretezza. Insomma, la parziale vulnerabilità veniva riscattata dalla quasi onnicomprensiva teoria che avevo elaborato e che, a dire il vero, era sorprendente solo per la sua realizzazione gigantesca, inumana, immorale, non per il modo; su quel punto credo non abbia inventato nulla.
Prima di iniziare ho chiesto a quelle eleganti e brutte persone come mai la Luna. Ingenuo che non sono altro! Non solo per la vicinanza al nostro bel geoide, ma perché sulla Luna – e chi ci aveva mai pensato? – ci stanno tutte le opere umane, tutte! La superficie di terra emersa in cui sono site il 98% delle opere umane è poco più di 149 milioni di kmq mentre la superficie della Luna è di quasi 38 milioni di kmq: la Luna è praticamente un quarto della Terra. Ma voi credete che tutte le superfici di terre emerse della Terra siano piene di opere d’arte, di manufatti umani? Ovviamente no! Ergo, ci sta tutto, tutto: dalle grotte di Matala al labirinto di Cnosso (per rimanere a Creta), dalla Valle dei Re (Egitto) alle Tombe dei Re (Cipro), dalle piramidi egizie a quelle azteche, dai quadri di Turner a quelli di Bacon, da… Beh, i quadri poi, assieme alle sculture e alle installazioni, riusciranno addirittura ad acquistare una maggiore visibilità: svuotando i magazzini, le cantine e le case, le opere artistiche messe da parte o sconosciute potranno venir viste, gustate, godute. È una gioia progettare nuovi grattacieli artistici, grattacieli costruiti esclusivamente per l’esposizione artistica. Mi sbizzarrisco nelle forme più complesse, simboliche. Una per tutte: le lettere dei primi sessanta versi dell’Inferno di Dante le ho rese grattacielo. E poi non c’è bisogno neanche di cessi o di uscite di emergenza. Dall’alto le città lunari saranno versi come non sono mai state quelle terrestri, arte nell’arte per chi saprà ancora leggere. È un mio vezzo, amaro, fàtico ma in qualche modo ludico. Una poesia eidetica inutile.

   Adesso sto registrando la mia voce percorrendo il labirinto, so dov’è l’uscita e dov’è l’entrata e so che il minotauro è il significato di questo uomo che ha spostato la propria produzione, da un fare vivo, attivo, a una conservazione proiettata alla dimenticanza. Un percorso che degenera dall’umanità alla bestialità, un corpo che vede con gli occhi di toro, che pensa, pur avendo due gambe, come se avesse quattro zampe.
Se avessi la possibilità trasformerei la Luna in una navicella spaziale e me ne andrei via con gli umani che conoscono il suo valore. Mettere però dei motori a questo satellite terrestre è praticamente impossibile per via delle giacche blu, grigie, piene di mostrine e bottoni e profumi che sorvegliano giorno e notte tutti noi, in ogni azione. Sono riuscito a fatica a farmi concedere questo registratore vocale giustificando che mi serviva come sistema di appunti per il trasloco dei manufatti. Avevo cercato anche di convincere uno di questi responsabili dell’Operazione Arte (nome ironico in quanto l’arte senza la presenza dell’uomo non può esistere: come la si valuta, chi la valuta, chi ne usufruisce?) dicevo, stavo cercando di convincere uno di questi responsabili potenti con profumi e bottoni a scegliere e formare alcune famiglie, almeno una cinquantina (che non sono niente a confronto degli uomini-coniglio che abitano oggi la Terra), addette al sapere concreto, plastico. Per la conservazione, o meglio per arginare una cancellazione storico-artistica nonché spirituale dell’uomo (vedere il Partenone su di uno schermo o in un ologramma non è vederlo veramente e non è come passarci in mezzo). Come, ma questo non glielo dissi, le antiche famiglie griot o le antiche scuole aediche. Mi guardò con un’espressione a punto di domanda. Gli ricordai che il mio salario poteva comprendere anche questa tipologia di spesa e allora, accettando l’incomprensione, accondiscese. Prima di lasciarmi cercò di rimediare alla brutta figura asserendo che in effetti qualcuno doveva far da guida, per fortuna non disse turistica, anche se ho il sospetto che si trattenesse, ai terrestri che avrebbero voluto vedere la Luna e che avrebbero sborsato uno sproposito, magari rinunciando a qualche centimetro della loro casa. La Terra sulla Luna, corressi a un certo punto, ma questo proprio non lo comprese. E non poteva nemmeno comprendere che se è vero che abbiamo cominciato a portare la Terra sulla Luna, nel senso che stiamo portando le cose più preziose prodotte dall’essere umano, è anche vero che abbiamo cominciato a portare la Luna sulla Terra, cioè l’aridità, il vuoto di arte e intelletto dei non esistenti lunatici. Alla fine nessuno ci guadagna, sono entrambi disastri ambientali e umani, disastri etici, spirituali. Noi, famiglie privilegiate perché acculturate o consapevoli, potremo vedere meglio l’anima dell’uomo che scoprirà qualcosa di sé che sulla Terra non riusciva a capire; perché i propri tasselli erano sparsi e per la maggior parte dei terrestri di difficile lettura, di ardua comprensione. È meno di una consolazione, ma me lo ripeterò fino alla fine. Non avrei senso altrimenti.

   Una cosa meno assurda, pure questa disumana e ufficialmente ancora illegale, è che i carcerati, a conclusione del lavoro, verranno mandati sui satelliti medicei in base alla pena comminata loro: i caldi vulcani di Io, i ghiacci di Europa, le rocce e i ghiacci di Callisto e Ganimede distingueranno diversi livelli di pena, ma indipendentemente dal tipo di reato commesso (e di questo la Terra-Minosse se ne fotte letteralmente). Inoltre, e qua dovrò terminare la registrazione per completare il labirinto, siccome sulla Luna siamo in pochi e la libertà di movimento e ascolto è concessa, tollerata, insomma più facile, ho potuto sentire uno di questi signori dire a un altro che il progetto di esportazione della flora terrestre su di un pianeta di cui non ho potuto raccogliere il nome avrebbe potuto iniziare a breve: una volta convinti i vari governi, quel pianeta sarà usato sia per la conservazione che per la coltivazione… cibo per la Terra! E la stessa cosa, ha continuato il doppiopetto, bisognerà fare con la fauna della Terra, ma c’erano ancora alcuni problemi da risolvere, in primis convincere i fanatici (e abbienti!) proprietari di animali domestici a privarsi di quelle creature ruba spazio e ruba cibo e ruba loro stessi.
Un’ultima cosa, che devo aver già detto ma che vale la pena ripetere (e ora che ci penso pena ha il doppio senso): la mia fortuna nei confronti del sapere umano mi porterà ad avere uno sguardo più distante, direi esterno, distaccato: l’uomo, sulla Luna umanizzata dalla storia dell’uomo, potrà riuscire a vedersi, potrà riuscire a vedere qualcosa di sé in un modo migliore. Come quando si discosta la tenda per far entrare pochi ma indispensabili raggi solari per comprendere la conformazione e gli ostacoli della stanza-mondo. Ma se lo capiremo solo io e quella cinquantina di famiglie che sono quasi pronte a proseguire il trasloco delle varie aree della Terra artistica, avrà qualche importanza per l’uomo? Un esperimento in-vitro che non può riprodursi, che non ha bisogno del risultato né può darlo, un vicolo consapevolmente cieco intrapreso solo per il rispetto del sentire di un’anima che l’uomo potrebbe avere? Con il sospetto viscerale che questa fantomatica, fatidica, faticosa anima possa venir (anche lei!) relegata lontano dal corpo, magari in un pianeta che l’uomo non ha mai calcato…
E così, la fantasia andrà via dalla Terra.


Riccardo Redivo (1978) è figlio di librai storici di Trieste, città in cui vive e lavora. Si è laureato in Lettere e Filosofia e dal 2010 collabora con il mensile di ecologia e cultura Konrad, di cui attualmente è il direttore. È pubblicista e ha scritto testi per canzoni, teatro e burattini. Tra le sue pubblicazioni: La letteratura morale. Piccolo saggio su due libri di Boris Pahor, Asterios Edizioni (2008); Alda Merini. Dall’orfismo alla canzone. Il percorso poetico (1947-2009), Asterios Editore (2009); Doppio canto. La poesia cantata della letteratura italiana. Analisi e inventario delle musicazioni. 1900-2012, Metauro Edizioni (2012); la raccolta di poesie Uvala, Sillabe di Sale Editore (2017); il romanzo Era un appassionato di arcobaleni, Il Seme Bianco editore (2018); la curatela meriniana Confusione di stelle, Einaudi (2019); il romanzo Mismas, Sensibili alle foglie (2020) e il contributo “La trasformazione dell’endecasillabo nelle musicazioni pop italiane” in Paolo Bravi, Teresa Proto, L’endecasillabo cantato. Dalla metrica alla voce, Nota edizioni (2022).








domenica 26 novembre 2023

L’estate che sciolse ogni cosa – Tiffany McDaniel

Il caldo arrivò insieme al diavolo. Era l’estate del 1984 e il diavolo era stato invitato.


Quando hai tredici anni l’estate è un periodo senza confini, che si estende davanti a te in tutta la sua potenzialità e in tutta la sua noia. Sono i mesi della possibilità, dove ti immagini che tutto cambi ma dove, il più delle volte, non cambia nulla.
Tranne che tu non viva a Breathed, Ohio e che il tuo nome non sia Fielding Bliss, figlio di Autopsy Bliss, che ha deciso, dalle colonne del giornale cittadino, di invitare il diavolo a venire in città. Proprio quell’estate, quella del 1984.

Egregio Satana, Diavolo chiarissimo, esimio Lucifero, e tutte le altre croci che siete costretto a sopportare, vi invito cordialmente a Breathed, in Ohio. Terra di colline e di balle di fieno, di peccatori e di uomini capaci di perdonare.
Che possiate venire in pace.
Attestandovi la mia fede,
Autopsy Bliss


E il diavolo risponde.
Ha l’aspetto di un ragazzino; nero, occhi verde smeraldo, un ciotola e un cucchiaio con sé, e la saggezza di un anziano.
L’arrivo di Sal, così dice di chiamarsi dalle iniziali di Satana e Lucifero, sarà l’inizio dell’estate più torrida che la cittadina ricordi e l’inizio dello scioglimento di ogni sicurezza, vincolo e ipocrisia in un pantano appiccicoso che resterà sulla pelle anche dopo la fine del libro. Anche
dopo una vita passata a cercare la redenzione.

L’estate di Breathed, Ohio ci viene raccontata da due narratori.
C’è un tempo in cui la storia è raccontata da Fielding, un tempo futuro, di deserto, solitudine e incapacità di comprendere e perdonare il passato. E c’è un tempo in cui la storia è raccontata da Fielding, sì ancora lui, un tempo passato, quello dell’arrivo del diavolo, quello del caldo, quello della divisione della comunità. Della rivelazione dell’umanità.

L’estate di Breathed, Ohio, quella nella quale si sciolse ogni cosa, anche l’amore, è l’estate del 1984 l’anno in cui verrà isolato e identificato un retrovirus che prenderà il nome di HIV, in cui l’Apple lancerà il Macintosh, in cui Michael Jackson si ustionerà nel far pubblicità alla Pepsi, in cui accadranno tante cose belle e brutte. L’estate in cui il diavolo deciderà di mettere ognuno di fronte alla propria verità, di scoprire cicatrici, recidere rami, mostrare il deserto morale. E sarà il nano Elohim, uno dei personaggi più riusciti del romanzo, a farsi carico di tutto questo cancellando la responsabilità individuale e portando avanti un unico, violento, drammatico atto collettivo.
Si esce spezzati da questa lettura. La narrazione è ricca di riflessioni morali e teologiche. Ci si interroga, continuamente, insieme ai personaggi sul libero arbitrio, il bene e il male, il dolore e il suo senso (ma poi, per parafrasare Pavese, soffrire serve a qualcosa?)

La gente chiede sempre perché Dio permette che ci sia tanta sofferenza nel mondo. Perché lascia che un bambino venga picchiato, che una donna pianga, che succeda una strage? Che un buon cane muoia soffrendo? La verità è che vuole vedere cosa facciamo noi. E’ lui che ha tirato fuori la candela, ha messo il diavolo allo stoppino, e adesso vuole vedere se noi la spegniamo o aspettiamo che si consumi. Dio è il più grande spettatore della sofferenza.

Tiffany McDaniel, nativa di questo Ohio che tanto ci descrive bene, nei suoi campi e nei suoi cieli, riesce a tratteggiare i personaggi con un tale acume psicologico e tale amore da far sentire, chi legge, parte della comunità, con i suoi silenzi, le sue urla, i suoi freak e le sue storture.
Si esce spezzati da questa lettura. Ho smesso di respirare per tutte le ultime settanta pagine. Il diaframma bloccato. Il vuoto tutto attorno.
Una narrazione lirica, un prodigio di belle parole. L’umanità, la diversità, il fato e l’ineluttabilità. Scivolare sul pavimento e perdere la fede. La mancanza che riduce tutto in pezzi. La cattiveria che da questi pezzi genera milioni di ombre. E la redenzione che, a volte, non c’è.

Nota:
Nativa dell’Ohio, Tiffany McDaniel, con questo suo primo romanzo ha vinto il The Guardian’s 2016 “Not-the-Booker Prize, l’Ohiana Library Readers’ Choice Award ed è stata finalista per il The Women’s Fiction Writers Association Star Award for Outstanding Debut. La McDaniel ha scritto un romanzo di rara bellezza, strano e inquietante.


https://www.casadiringhiera.it/l-estate-che-sciolse-ogni-cosa/


***

“Ero destinato a ereditare il carattere di mio padre. E di mia madre. Invece alla fine ricevetti in eredità il carattere di quella estate. Quell’estate divenne mio padre. E mia madre”.

Ci sono estati che ti entrano sotto la pelle come ricordi eterni. Per il giovane Fielding Bliss quell’estate è il 1984, l’estate che cambierà per sempre la sua esistenza e quella di tutti gli abitanti di Breathed, Ohio. Qui, in una giornata dal caldo torrido, il diavolo arriva rispondendo all’invito pubblicato sul giornale locale da Autopsy Bliss, integerrimo avvocato convinto di saper distinguere il bene dal male, e padre di Fielding. Nessuno in paese si sarebbe mai aspettato che Satana avrebbe risposto. E tantomeno che si sarebbe palesato come un tredicenne dalla pelle nera e dalle iridi verdi come foglie, eppure quel ragazzo uscito dal nulla sostiene davvero di essere il diavolo. A incontrarlo per primo è Fielding, che lo porta con sé a casa. I suoi genitori subito pensano che il giovane, che sceglierà di farsi chiamare Sal, sia scappato dalla propria famiglia, eppure le ricerche non portano a nulla, e in lui sembra esserci veramente qualcosa di impenetrabile e misterioso. Qualcosa che gli abitanti di Breathed non capiscono e li farà persuadere che quel ragazzo dalle lunghe cicatrici sulle spalle sia realmente quello che dice di essere: il diavolo. Intanto, un’afa incredibile scioglie i gelati e i pensieri e confonde i rapporti e le certezze, il senso del bene e del male, dell’amore e della sofferenza, della fiducia reciproca e della paura. Lirico, struggente, sorprendente e davvero unico nel panorama contemporaneo, L’estate che sciolse ogni cosa è un romanzo di una bellezza folgorante che segna l’esordio di una nuova, grande voce letteraria.


https://www.edizionidiatlantide.it/prodotto/lestate-che-sciolse-ogni-cosa-2/



La trama

Ci sono estati che ti entrano sotto la pelle come ricordi eterni. Per il giovane Fielding Bliss quell’estate è il 1984, l’estate che cambierà per sempre la sua esistenza e quella di tutti gli abitanti...



– Straziante –

L’estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel Atlantide è un libro originalissimo e che non credevo mi sarebbe piaciuto. Quando mi avvicino a un romanzo tanto osannato mi trovo sempre in difficoltà perché non so mai quanto le critiche siano sincere e per questo mi sono buttata con i paraocchi nella lettura: il mio giudizio doveva essere senza influenze.


L'estate che sciolse ogni cosa - Tiffany McDaniel - Atlantide edizioniLo dico subito, ho fatto abbastanza fatica. Se l’incipit mi ha incuriosito e fatto innamorare, non è stato così per le pagine seguenti. Ho fatto fatica durante dialoghi e salti temporali ma, sì, c’è un ma, le ultime centocinquanta pagine hanno catturato la mia completa attenzione e mi hanno fatto completamente cambiare idea su L’estate che sciolse ogni cosa perché ho capito soltanto allora che nulla era stato lasciato al caso. Ho capito perché il libro è ambientato nel 1984, l’anno che dà il titolo al capolavoro di George Orwell,  l’anno in cui si scopre l’esistenza dell’HIV, l’anno del caldo anomalo. Ho finalmente compreso perché Autopsy (il mio personaggio preferito e lo è diventato appunto soltanto alla fine) ha invitato il diavolo, perché Fielding vive con il senso di colpa. Insomma, la folgorazione per Tiffany McDaniel non è arrivata immediatamente, forse anche perché la cercavo con una certa insistenza, ma l’ammirazione per la sua storia e per la maniera in cui l’ha narrata sì, anche se ci ho messo qualche pagina in più del normale.


Il caldo arrivò insieme al diavolo. Era l’estate del 1984 il diavolo era stato invitato. Quel caldo torrido, no. C’era da aspettarselo che arrivassero insieme. Dopo tutto, il caldo non è forse il volto del diavolo? E a chi è mai capitato di uscire di casa senza portarselo dietro?


Era un caldo che non si scioglieva soltanto le cose tangibili, come i cubetti di ghiaccio, il cioccolato, i gelati. Ma anche l’intangibile. La paura, la fede, l’ira , e ogni collaudato modello di buon senso. Scioglieva l’esistenza della gente, gettandone il futuro in cima al mucchio di terra sulla pala del becchino.


Avevo tredici anni quando è successo tutto. Un’età che mi vide sopraffatto e trasfigurato dalla vita come mai prima di allora. È passato molto tempo dai miei tredici anni. Se fossi uno che festeggia ancora il proprio compleanno, ci sarebbero ottantaquattro tremolanti candeline accese sulla mia torta, su questa vita e sul suo genio terrificante, la sua inevitabile tragedia, la sua estate di bocche spalancate ad addentare quel piccolo universo cui avevamo dato nome Breathed, Ohio.


E così capiamo subito che la narrazione si snoderà in due tempi. Il Fielding ottantaquattrenne ci racconterà di se stesso tredicenne, del primo incontro con il diavolo che si chiamerà Sal e della sua famiglia.


Autopsy è un avvocato e ha deciso di invitare il diavolo nella sua cittadina tramite una lettera sul giornale. Quel ragazzino tredicenne, nero, dalla salopette sporca dice di essere Satana, Lucifero, l’angelo caduto. Ma il demonio che veste i panni di un ragazzino, rifiutato, additato, stride con l’immaginario comune di noi adulti. Ma non per Fielding che accoglie il coetaneo come un amico e lo porta a casa.


 


Essere il diavolo significava diventare un bersaglio, ma anche possedere qualcosa che un semplice ragazzo non ha. La gente lo guardava, ascoltava quello che diceva. Essere il diavolo lo rendeva importante. Visibile. Non è questa la tragedia più grande? Quando un ragazzo è costretto a essere il diavolo per contare qualcosa?


L'estate che sciolse ogni cosa - Tiffany McDaniel - Atlantide edizioniSal ben presto viene additato dalla comunità di Breathed. Da quando è arrivato accadono cose terribili e il colpevole non può che essere un emarginato.  Quel ragazzo dagli occhi insolitamente verdi ha gettato tragicità sulle vite degli abitanti e per questo deve essere punito.


Sarebbe riduttivo dire che L’estate che sciolse ogni cosa parla della caccia al diverso durante gli anni Ottanta, come se si trattasse di episodi circoscritti. In questo libro in realtà c’è molto di più.  Al di là della persecuzione di Sal, che incarna la condizione di neri, di omosessuali e di chiunque si trovi in una condizione di emarginazione o semplicemente di minoranza, c’è qualcosa di più inquietante. I membri rispettabili di una cittadina qualunque degli USA perdono il senno… senza perderlo. Non sono pazzi esaltati, stanno semplicemente rispondendo a un bisogno: il blackout, la perdita di un bambino, l’incidente di Dresden, tutto deve avere una spiegazione e quella non può che essere la malvagità di Sal. Presto fatto, dietro a quegli occhi verdi non si nasconde più un ragazzino ma il male vero e proprio. E così chi lo difende, come la famiglia Bliss, diventa un nucleo di negrofili.


Ma prima di arrivare alla follia c’è un mondo da scoprire. Tiffany McDaniel ha il raro pregio di conferire ai personaggi unicità e sfumature che li rendono immediatamente riconoscibili e le loro azioni forse ci portano anche un pochino fuori strada, proprio come nella vita reale. Sorridiamo e quasi ci commuove il rapporto che hanno i fratelli Bliss; guardiamo con curiosità e con un pizzico di orrore la vita di Dresden, la ragazzina con una gamba artificiale, rimaniamo scioccati quando assistiamo all’evoluzione di Elohim, il nano che da scorbutico e solitario artigiano si trasforma in predicatore… e con la coda dell’occhio monitoriamo anche i genitori Bliss e quella madre tanto stramba.


L’attenzione maggiore però resta tutta concentrata su Fielding, sui due Fielding. Il ragazzino a cui quell’estate ha rubato l’infanzia e l’uomo pieno di ferite che non riesce a perdonarsi per le azioni passate. Non esiste una macchina per ritornare indietro nel tempo, Fielding può solo rivivere quell’estate carica di rimpianti e noi non possiamo fare a meno di domandarci chi siano i colpevoli e chi le vittime. Questa è la domanda più potente di tutte, questa è la condanna più pesante di tutte.



L’estate che sciolse ogni cosa è…

Straziante. Mi ci è voluto parecchio per entrare in sintonia con l’autrice all’inizio perché flashback, digressioni e tempo presente non vengono separati nettamente e questo un pochino mi ha disturbato anche se mi rendo conto è uno stile che funziona perfettamente per non far distrarre nemmeno un secondo il lettore.  E prima di arrivare alla parte finale ho sentito L’estate che sciolse ogni cosa come un racconto lontano da me… soltanto dopo ho realizzato che l’autrice stava parlando di qualcosa che accade ogni giorno e che sul tavolo stava mettendo degli interrogativi universali e attuali.  Piangerete, so che lo farete perché McDaniel non risparmia proprio nulla, il senso di dramma che si respira nelle prime pagine aumenta ed esplode nel finale. Impossibile non sentirsi toccati, smarriti.


Ci ho messo un po’ a capire che questo è un gran libro, schiava anche del pregiudizio sulla narrativa americana. Consigliato per chi ha voglia di buttarsi in una storia straziante, impegnativa, carica di significato. Non è un racconto che può lasciare indifferenti perché sotto la lente non c’è soltanto l’odio per il diverso – come ho già ribadito -, ma la difficoltà di stabilire un confine tra vittime e carnefici:


Avevo sparato a tutto il male che c’era in lui ma, dannazione, anche a tutto il bene.


https://www.lalettricecontrocorrente.it/recensioni/recensione-lestate-che-sciolse-ogni-cosa-tiffany-mcdaniel/


https://www.linkiesta.it/blog/2019/10/lestate-che-sciolse-ogni-cosa-di-tiffany-mcdaniel-recensione/

sabato 11 novembre 2023

La Vipera Convertits. (e il Pipistrello)--- Trilussa






«Appena che la Vipera s’accorse

d’esse vecchia e sdentata, cambiò vita.


S’era pentita? Forse.


Lo disse ar Pipistrello: – Me ritiro

in un orto de monache qui intorno,

e farò penitenza fino ar giorno

che m’esce fòri l’urtimo sospiro.

Così riparerò, con un bell’atto,

a tanto male inutile ch’ho fatto…


– Capisco: – je rispose er Pipistrello –

la crisi de coscenza è sufficente

per aggiustà li sbaji der cervello:

ma er veleno ch’hai sparso fra la gente,

crisi o nun crisi, resta sempre quello». 


Trilussa - La vipera convertita

giovedì 14 settembre 2023

Ancora Meticciato e Contaminatio: I Mabinogion di Isabella Abbiati (Autore) Grazia Soldati (Autore) Venexia, 2011




Descrizione

Tramandati a lungo per via orale dai bardi, prima di essere messi su carta, i "Mabinogion" sono una scrittura ispirata, in cui si fondono incredibili storie di dèi e di uomini, gesta eroiche e viaggi in terre lontane e misteriose. Tutti i racconti hanno un grande valore storico-letterario, e permettono, al di là dei miti narrati, di scoprire simboli e insegnamenti utili anche al Cercatore spirituale odierno. Derivati da testi ritrovati in manoscritti di epoca medievale, il White Book of Rhyderch e il Red Book of Hergest, furono curati e tradotti tra il XVIII e il XIX secolo da William Pughe e Lady Charlotte Guest.

***
I Mabinogion sono un gruppo di testi gallesi, piuttosto corti.e probabilmente corrispondono alla stesura di un'antichissima tradizione orale. Presentano delle somiglianze marcate con il contenuto folkloristico o mitologico dei romanzi cortesi francesi e di Artù.
Lo strano nome di questa raccolta deriverebbe da un qui pro quo. Lady Charlotte Guest, prima traduttrice in assoluto dell'opera, trovò in uno dei racconti la parola -mabynogyon- pensando che fosse la forma plurale del gallese mabinogi. Cosa vuol dire -mabinogi- vi chiederete... ebbene, anche questa parola ha un significato molto oscuro. In gallese Mab vuol dire figlio e forse c'è una correlazione con Maponos, nome del dio celtico. Quindi ci sarebbe un riferimento a del materiale letterario inerente al dio.
Il corpus del Mabinogi è tramandato su due manoscritti: "Lyfr Coch Hergest" (il Libro rosso di Hergest) databile attorno al 1382 e 1410 e "Lyfr Gwyn Rhydderch" (il [[Libro bianco di Rhydderch]]), scritto attorno al 1350. L'analisi linguistica dei corpi ha dato come conclusione la risalenza attorno al 1100- 1150 per l'uso di un determinato tipo di linguaggio.


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testo in inglese scaricabile senza oneri






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mercoledì 13 settembre 2023

Meticciato e Contaminatio nelle librerie di casa Jean Cau. Il cavaliere la morte il diavolo




Il Cavaliere di Dürer, riscoperto da Jean Cau, riassume in sè ogni rotta tentata e i relativi naufragi, poichè "la guerra, l'amore, il giuoco, la contemplazione" restano le sole verità necessarie, e la loro messa al bando segna la fine di un mondo 

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Così il «Cavaliere» di Dürer diventò l'icona eroica della destra nobile e perduta

L'incisione più famosa e malinconica del maestro rinascimentale ispirò a Cau un saggio diventato il breviario di una generazione


https://www.ilgiornale.it/news/cultura/cos-cavaliere-d-rer-divent-licona-eroica-destra-nobile-e-927657.html


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Si chiamava Jean Cau, era stato segretario personale di Sartre per dieci anni, «facevo parte dei reparti d'assalto dell'intelligenza di sinistra», insignito da giovane del premio Goncourt per il suo libro La pietà di Dio (tradotto nel 1961 da Mondadori). Ma un giorno, tornando dalla guerra d'Algeria, si convertì all'onore e alla tradizione. Combatté contro la decadenza della Francia e dell'Europa, schiacciata tra l'americanizzazione e il comunismo sovietico, avversò il '68. Gli estremi del degrado erano per lui la gioventù drogata e la tecnocrazia al potere. Da allora Jean Cau diventò quel Cavaliere solitario e in disparte, dannato all'inferno e alla morte civile. Scrisse opere taglienti, come Il Papa è morto e Le Scuderie dell'Occidente, pubblicate in Italia da Volpe, e celebrò la corrida in un celebre libro, Toro (edito in Italia da Longanesi) dedicato ai suoi amici matadores, banderilleros e picadores. Non mancò di scrivere un ardito elogio del Che (Passione per Che Guevara, Vallecchi, 2004), che esaltò come un Comandante intrepido, un artista, insomma un Cavaliere che sfida la morte e il diavolo. Per lui, il Che andò a cercar la bella morte: «Ci sono mille modi di suicidarsi. Balzac scelse il caffè, Verlaine l'assenzio, Rimbaud l'Etiopia, l'Occidente la democrazia, e Guevara la giungla». Cau lasciò uno splendido testamento ideale con una prefazione di Alain de Benoist, che uscì postumo in Italia col titolo I popoli, la decadenza, gli dei (ed. Settecolori). Ma l'opera che riassume la sua visione del mondo fu proprio quella dedicata all'incisione di Durer, Il Cavaliere la morte e il diavolo (1977)


https://www.ilgiornale.it/news/cultura/cos-cavaliere-d-rer-divent-licona-eroica-destra-nobile-e-927657.html


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“Ero esigente, asciutto, piuttosto duro. Credevo in certe cose, in certi ideali, in certi valori. Poi incontro Sartre e mi impegno in sezioni dell’intellighenzia francese. Con mio grande stupore, cosa scopro? Che questi intellettuali erano tutti di origine borghese, ma adoravano il popolo e la sinistra. Non hanno mai visto un lavoratore in vita loro, hanno dei domestici, delle cameriere, degli schiavi, insomma, ma sono di sinistra. C’era un atteggiamento nevrotico, un regolamento di questioni personali. Incapaci di essere se stessi, sono andati dal popolo”.

Nato a Bram da Etienne Cau, un lavoratore agricolo poi impiegato di banca a Carcassone, e da Rose una donna delle pulizie, dopo aver concluso gli studi secondari grazie al suo maestro Castel, riesce ad ottenere una borsa di studio per la École Normale Súperieure di Parigi dove si laurea in filosofia. Nel 1946 avvicina Jean-Paul Sartre, del quale è grande ammiratore, guadagnandosene la simpatia e diventandone segretario per oltre 11 anni fino al 1957.

È stato giornalista e reporter per l'Express, Le Nouvel Observateur, Le Figaro e Paris-Match.

Proveniente dall'estrema sinistra, dopo i suoi reportage nella Guerra d'Algeria si allontanò dalle idee di Sartre (pur senza mai parlare male del suo ex "Maestro") e si avvicinò progressivamente (dal 1960) verso la destra radicale, il Groupement de recherche et d'études pour la civilisation européenne (GRECE, chiamato anche "Nouvelle Droite"), scrivendo testi anticonformisti che criticavano la sinistra, la decadenza dell'Europa ed esaltando le tradizioni europee.

Amico personale di Alain Delon, ha scritto la sceneggiatura di film come "Borsalino" e "Il ribelle di Algeri" e il soggetto di "Una donna come me".

In Italia sono stati pubblicati romanzi e saggi: Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo (Volpe 1979; Settimo sigillo 2015), Una passione per Che Guevara (Vallecchi 2004), La pietà di Dio (Mondadori 1962), Il Papa è morto (Volpe 1969), Il popolo, la decadenza e gli dei (Settecolori, 1993),Toro (Longanesi 1962; Iduna 2019).





„Ci sono mille modi di suicidarsi. Balzac scelse il caffè, Verlaine l'assenzio, Rimbaud l'Etiopia, l'Occidente la democrazia, e Guevara la giungla.“


“Mi piace la solitudine del cavaliere i cui passi allineati pesano sulla terra. Quest’uomo che avanza, solo, nel coagulato silenzio, mi piace: ha poche idee nella testa di pietra, l’assurdità̀ di un coraggio incomprensibile per quelli che rabbrividiscono, chiudono la porta, accendono il lume quando la notte cade sulla foresta”

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sabato 9 settembre 2023

Nella libreria di casa Alain De Benoist Identità e comunità (per il sano meticciato e la contaminatio di famiglia )


Identità e comunità 
di Alain de Benoist (Autore)
Guida, 2005

Nei tre saggi che compongono il volume, l'autore critica alcuni concetti fondanti la riflessione liberale sull'uomo e sullo Stato. All'antropologia individualista liberale egli oppone una concezione dell'identità e dell'individuo basata sulla comunità e sul riconoscimento reciproco delle differenze. L'idea di bene comune ed il concetto di comunità sono alla base dell'interesse dell'autore per l'opera di Johannes Althusius, letta come alterantiva federalista e partecipativa al progetto statualista della modernità. 


Article paru en septembre 2009 dans le quotidien “Il Giornale”
(Milan).Comunità è identità Alainde Benoist

Alain de Benoist: “La questione identitaria e la modernità”


De Benoist e il comunitarismo tra speranze e disillusioni