domenica 26 novembre 2023

L’estate che sciolse ogni cosa – Tiffany McDaniel

Il caldo arrivò insieme al diavolo. Era l’estate del 1984 e il diavolo era stato invitato.


Quando hai tredici anni l’estate è un periodo senza confini, che si estende davanti a te in tutta la sua potenzialità e in tutta la sua noia. Sono i mesi della possibilità, dove ti immagini che tutto cambi ma dove, il più delle volte, non cambia nulla.
Tranne che tu non viva a Breathed, Ohio e che il tuo nome non sia Fielding Bliss, figlio di Autopsy Bliss, che ha deciso, dalle colonne del giornale cittadino, di invitare il diavolo a venire in città. Proprio quell’estate, quella del 1984.

Egregio Satana, Diavolo chiarissimo, esimio Lucifero, e tutte le altre croci che siete costretto a sopportare, vi invito cordialmente a Breathed, in Ohio. Terra di colline e di balle di fieno, di peccatori e di uomini capaci di perdonare.
Che possiate venire in pace.
Attestandovi la mia fede,
Autopsy Bliss


E il diavolo risponde.
Ha l’aspetto di un ragazzino; nero, occhi verde smeraldo, un ciotola e un cucchiaio con sé, e la saggezza di un anziano.
L’arrivo di Sal, così dice di chiamarsi dalle iniziali di Satana e Lucifero, sarà l’inizio dell’estate più torrida che la cittadina ricordi e l’inizio dello scioglimento di ogni sicurezza, vincolo e ipocrisia in un pantano appiccicoso che resterà sulla pelle anche dopo la fine del libro. Anche
dopo una vita passata a cercare la redenzione.

L’estate di Breathed, Ohio ci viene raccontata da due narratori.
C’è un tempo in cui la storia è raccontata da Fielding, un tempo futuro, di deserto, solitudine e incapacità di comprendere e perdonare il passato. E c’è un tempo in cui la storia è raccontata da Fielding, sì ancora lui, un tempo passato, quello dell’arrivo del diavolo, quello del caldo, quello della divisione della comunità. Della rivelazione dell’umanità.

L’estate di Breathed, Ohio, quella nella quale si sciolse ogni cosa, anche l’amore, è l’estate del 1984 l’anno in cui verrà isolato e identificato un retrovirus che prenderà il nome di HIV, in cui l’Apple lancerà il Macintosh, in cui Michael Jackson si ustionerà nel far pubblicità alla Pepsi, in cui accadranno tante cose belle e brutte. L’estate in cui il diavolo deciderà di mettere ognuno di fronte alla propria verità, di scoprire cicatrici, recidere rami, mostrare il deserto morale. E sarà il nano Elohim, uno dei personaggi più riusciti del romanzo, a farsi carico di tutto questo cancellando la responsabilità individuale e portando avanti un unico, violento, drammatico atto collettivo.
Si esce spezzati da questa lettura. La narrazione è ricca di riflessioni morali e teologiche. Ci si interroga, continuamente, insieme ai personaggi sul libero arbitrio, il bene e il male, il dolore e il suo senso (ma poi, per parafrasare Pavese, soffrire serve a qualcosa?)

La gente chiede sempre perché Dio permette che ci sia tanta sofferenza nel mondo. Perché lascia che un bambino venga picchiato, che una donna pianga, che succeda una strage? Che un buon cane muoia soffrendo? La verità è che vuole vedere cosa facciamo noi. E’ lui che ha tirato fuori la candela, ha messo il diavolo allo stoppino, e adesso vuole vedere se noi la spegniamo o aspettiamo che si consumi. Dio è il più grande spettatore della sofferenza.

Tiffany McDaniel, nativa di questo Ohio che tanto ci descrive bene, nei suoi campi e nei suoi cieli, riesce a tratteggiare i personaggi con un tale acume psicologico e tale amore da far sentire, chi legge, parte della comunità, con i suoi silenzi, le sue urla, i suoi freak e le sue storture.
Si esce spezzati da questa lettura. Ho smesso di respirare per tutte le ultime settanta pagine. Il diaframma bloccato. Il vuoto tutto attorno.
Una narrazione lirica, un prodigio di belle parole. L’umanità, la diversità, il fato e l’ineluttabilità. Scivolare sul pavimento e perdere la fede. La mancanza che riduce tutto in pezzi. La cattiveria che da questi pezzi genera milioni di ombre. E la redenzione che, a volte, non c’è.

Nota:
Nativa dell’Ohio, Tiffany McDaniel, con questo suo primo romanzo ha vinto il The Guardian’s 2016 “Not-the-Booker Prize, l’Ohiana Library Readers’ Choice Award ed è stata finalista per il The Women’s Fiction Writers Association Star Award for Outstanding Debut. La McDaniel ha scritto un romanzo di rara bellezza, strano e inquietante.


https://www.casadiringhiera.it/l-estate-che-sciolse-ogni-cosa/


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“Ero destinato a ereditare il carattere di mio padre. E di mia madre. Invece alla fine ricevetti in eredità il carattere di quella estate. Quell’estate divenne mio padre. E mia madre”.

Ci sono estati che ti entrano sotto la pelle come ricordi eterni. Per il giovane Fielding Bliss quell’estate è il 1984, l’estate che cambierà per sempre la sua esistenza e quella di tutti gli abitanti di Breathed, Ohio. Qui, in una giornata dal caldo torrido, il diavolo arriva rispondendo all’invito pubblicato sul giornale locale da Autopsy Bliss, integerrimo avvocato convinto di saper distinguere il bene dal male, e padre di Fielding. Nessuno in paese si sarebbe mai aspettato che Satana avrebbe risposto. E tantomeno che si sarebbe palesato come un tredicenne dalla pelle nera e dalle iridi verdi come foglie, eppure quel ragazzo uscito dal nulla sostiene davvero di essere il diavolo. A incontrarlo per primo è Fielding, che lo porta con sé a casa. I suoi genitori subito pensano che il giovane, che sceglierà di farsi chiamare Sal, sia scappato dalla propria famiglia, eppure le ricerche non portano a nulla, e in lui sembra esserci veramente qualcosa di impenetrabile e misterioso. Qualcosa che gli abitanti di Breathed non capiscono e li farà persuadere che quel ragazzo dalle lunghe cicatrici sulle spalle sia realmente quello che dice di essere: il diavolo. Intanto, un’afa incredibile scioglie i gelati e i pensieri e confonde i rapporti e le certezze, il senso del bene e del male, dell’amore e della sofferenza, della fiducia reciproca e della paura. Lirico, struggente, sorprendente e davvero unico nel panorama contemporaneo, L’estate che sciolse ogni cosa è un romanzo di una bellezza folgorante che segna l’esordio di una nuova, grande voce letteraria.


https://www.edizionidiatlantide.it/prodotto/lestate-che-sciolse-ogni-cosa-2/



La trama

Ci sono estati che ti entrano sotto la pelle come ricordi eterni. Per il giovane Fielding Bliss quell’estate è il 1984, l’estate che cambierà per sempre la sua esistenza e quella di tutti gli abitanti...



– Straziante –

L’estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel Atlantide è un libro originalissimo e che non credevo mi sarebbe piaciuto. Quando mi avvicino a un romanzo tanto osannato mi trovo sempre in difficoltà perché non so mai quanto le critiche siano sincere e per questo mi sono buttata con i paraocchi nella lettura: il mio giudizio doveva essere senza influenze.


L'estate che sciolse ogni cosa - Tiffany McDaniel - Atlantide edizioniLo dico subito, ho fatto abbastanza fatica. Se l’incipit mi ha incuriosito e fatto innamorare, non è stato così per le pagine seguenti. Ho fatto fatica durante dialoghi e salti temporali ma, sì, c’è un ma, le ultime centocinquanta pagine hanno catturato la mia completa attenzione e mi hanno fatto completamente cambiare idea su L’estate che sciolse ogni cosa perché ho capito soltanto allora che nulla era stato lasciato al caso. Ho capito perché il libro è ambientato nel 1984, l’anno che dà il titolo al capolavoro di George Orwell,  l’anno in cui si scopre l’esistenza dell’HIV, l’anno del caldo anomalo. Ho finalmente compreso perché Autopsy (il mio personaggio preferito e lo è diventato appunto soltanto alla fine) ha invitato il diavolo, perché Fielding vive con il senso di colpa. Insomma, la folgorazione per Tiffany McDaniel non è arrivata immediatamente, forse anche perché la cercavo con una certa insistenza, ma l’ammirazione per la sua storia e per la maniera in cui l’ha narrata sì, anche se ci ho messo qualche pagina in più del normale.


Il caldo arrivò insieme al diavolo. Era l’estate del 1984 il diavolo era stato invitato. Quel caldo torrido, no. C’era da aspettarselo che arrivassero insieme. Dopo tutto, il caldo non è forse il volto del diavolo? E a chi è mai capitato di uscire di casa senza portarselo dietro?


Era un caldo che non si scioglieva soltanto le cose tangibili, come i cubetti di ghiaccio, il cioccolato, i gelati. Ma anche l’intangibile. La paura, la fede, l’ira , e ogni collaudato modello di buon senso. Scioglieva l’esistenza della gente, gettandone il futuro in cima al mucchio di terra sulla pala del becchino.


Avevo tredici anni quando è successo tutto. Un’età che mi vide sopraffatto e trasfigurato dalla vita come mai prima di allora. È passato molto tempo dai miei tredici anni. Se fossi uno che festeggia ancora il proprio compleanno, ci sarebbero ottantaquattro tremolanti candeline accese sulla mia torta, su questa vita e sul suo genio terrificante, la sua inevitabile tragedia, la sua estate di bocche spalancate ad addentare quel piccolo universo cui avevamo dato nome Breathed, Ohio.


E così capiamo subito che la narrazione si snoderà in due tempi. Il Fielding ottantaquattrenne ci racconterà di se stesso tredicenne, del primo incontro con il diavolo che si chiamerà Sal e della sua famiglia.


Autopsy è un avvocato e ha deciso di invitare il diavolo nella sua cittadina tramite una lettera sul giornale. Quel ragazzino tredicenne, nero, dalla salopette sporca dice di essere Satana, Lucifero, l’angelo caduto. Ma il demonio che veste i panni di un ragazzino, rifiutato, additato, stride con l’immaginario comune di noi adulti. Ma non per Fielding che accoglie il coetaneo come un amico e lo porta a casa.


 


Essere il diavolo significava diventare un bersaglio, ma anche possedere qualcosa che un semplice ragazzo non ha. La gente lo guardava, ascoltava quello che diceva. Essere il diavolo lo rendeva importante. Visibile. Non è questa la tragedia più grande? Quando un ragazzo è costretto a essere il diavolo per contare qualcosa?


L'estate che sciolse ogni cosa - Tiffany McDaniel - Atlantide edizioniSal ben presto viene additato dalla comunità di Breathed. Da quando è arrivato accadono cose terribili e il colpevole non può che essere un emarginato.  Quel ragazzo dagli occhi insolitamente verdi ha gettato tragicità sulle vite degli abitanti e per questo deve essere punito.


Sarebbe riduttivo dire che L’estate che sciolse ogni cosa parla della caccia al diverso durante gli anni Ottanta, come se si trattasse di episodi circoscritti. In questo libro in realtà c’è molto di più.  Al di là della persecuzione di Sal, che incarna la condizione di neri, di omosessuali e di chiunque si trovi in una condizione di emarginazione o semplicemente di minoranza, c’è qualcosa di più inquietante. I membri rispettabili di una cittadina qualunque degli USA perdono il senno… senza perderlo. Non sono pazzi esaltati, stanno semplicemente rispondendo a un bisogno: il blackout, la perdita di un bambino, l’incidente di Dresden, tutto deve avere una spiegazione e quella non può che essere la malvagità di Sal. Presto fatto, dietro a quegli occhi verdi non si nasconde più un ragazzino ma il male vero e proprio. E così chi lo difende, come la famiglia Bliss, diventa un nucleo di negrofili.


Ma prima di arrivare alla follia c’è un mondo da scoprire. Tiffany McDaniel ha il raro pregio di conferire ai personaggi unicità e sfumature che li rendono immediatamente riconoscibili e le loro azioni forse ci portano anche un pochino fuori strada, proprio come nella vita reale. Sorridiamo e quasi ci commuove il rapporto che hanno i fratelli Bliss; guardiamo con curiosità e con un pizzico di orrore la vita di Dresden, la ragazzina con una gamba artificiale, rimaniamo scioccati quando assistiamo all’evoluzione di Elohim, il nano che da scorbutico e solitario artigiano si trasforma in predicatore… e con la coda dell’occhio monitoriamo anche i genitori Bliss e quella madre tanto stramba.


L’attenzione maggiore però resta tutta concentrata su Fielding, sui due Fielding. Il ragazzino a cui quell’estate ha rubato l’infanzia e l’uomo pieno di ferite che non riesce a perdonarsi per le azioni passate. Non esiste una macchina per ritornare indietro nel tempo, Fielding può solo rivivere quell’estate carica di rimpianti e noi non possiamo fare a meno di domandarci chi siano i colpevoli e chi le vittime. Questa è la domanda più potente di tutte, questa è la condanna più pesante di tutte.



L’estate che sciolse ogni cosa è…

Straziante. Mi ci è voluto parecchio per entrare in sintonia con l’autrice all’inizio perché flashback, digressioni e tempo presente non vengono separati nettamente e questo un pochino mi ha disturbato anche se mi rendo conto è uno stile che funziona perfettamente per non far distrarre nemmeno un secondo il lettore.  E prima di arrivare alla parte finale ho sentito L’estate che sciolse ogni cosa come un racconto lontano da me… soltanto dopo ho realizzato che l’autrice stava parlando di qualcosa che accade ogni giorno e che sul tavolo stava mettendo degli interrogativi universali e attuali.  Piangerete, so che lo farete perché McDaniel non risparmia proprio nulla, il senso di dramma che si respira nelle prime pagine aumenta ed esplode nel finale. Impossibile non sentirsi toccati, smarriti.


Ci ho messo un po’ a capire che questo è un gran libro, schiava anche del pregiudizio sulla narrativa americana. Consigliato per chi ha voglia di buttarsi in una storia straziante, impegnativa, carica di significato. Non è un racconto che può lasciare indifferenti perché sotto la lente non c’è soltanto l’odio per il diverso – come ho già ribadito -, ma la difficoltà di stabilire un confine tra vittime e carnefici:


Avevo sparato a tutto il male che c’era in lui ma, dannazione, anche a tutto il bene.


https://www.lalettricecontrocorrente.it/recensioni/recensione-lestate-che-sciolse-ogni-cosa-tiffany-mcdaniel/


https://www.linkiesta.it/blog/2019/10/lestate-che-sciolse-ogni-cosa-di-tiffany-mcdaniel-recensione/

sabato 11 novembre 2023

La Vipera Convertits. (e il Pipistrello)--- Trilussa






«Appena che la Vipera s’accorse

d’esse vecchia e sdentata, cambiò vita.


S’era pentita? Forse.


Lo disse ar Pipistrello: – Me ritiro

in un orto de monache qui intorno,

e farò penitenza fino ar giorno

che m’esce fòri l’urtimo sospiro.

Così riparerò, con un bell’atto,

a tanto male inutile ch’ho fatto…


– Capisco: – je rispose er Pipistrello –

la crisi de coscenza è sufficente

per aggiustà li sbaji der cervello:

ma er veleno ch’hai sparso fra la gente,

crisi o nun crisi, resta sempre quello». 


Trilussa - La vipera convertita

giovedì 14 settembre 2023

Ancora Meticciato e Contaminatio: I Mabinogion di Isabella Abbiati (Autore) Grazia Soldati (Autore) Venexia, 2011




Descrizione

Tramandati a lungo per via orale dai bardi, prima di essere messi su carta, i "Mabinogion" sono una scrittura ispirata, in cui si fondono incredibili storie di dèi e di uomini, gesta eroiche e viaggi in terre lontane e misteriose. Tutti i racconti hanno un grande valore storico-letterario, e permettono, al di là dei miti narrati, di scoprire simboli e insegnamenti utili anche al Cercatore spirituale odierno. Derivati da testi ritrovati in manoscritti di epoca medievale, il White Book of Rhyderch e il Red Book of Hergest, furono curati e tradotti tra il XVIII e il XIX secolo da William Pughe e Lady Charlotte Guest.

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I Mabinogion sono un gruppo di testi gallesi, piuttosto corti.e probabilmente corrispondono alla stesura di un'antichissima tradizione orale. Presentano delle somiglianze marcate con il contenuto folkloristico o mitologico dei romanzi cortesi francesi e di Artù.
Lo strano nome di questa raccolta deriverebbe da un qui pro quo. Lady Charlotte Guest, prima traduttrice in assoluto dell'opera, trovò in uno dei racconti la parola -mabynogyon- pensando che fosse la forma plurale del gallese mabinogi. Cosa vuol dire -mabinogi- vi chiederete... ebbene, anche questa parola ha un significato molto oscuro. In gallese Mab vuol dire figlio e forse c'è una correlazione con Maponos, nome del dio celtico. Quindi ci sarebbe un riferimento a del materiale letterario inerente al dio.
Il corpus del Mabinogi è tramandato su due manoscritti: "Lyfr Coch Hergest" (il Libro rosso di Hergest) databile attorno al 1382 e 1410 e "Lyfr Gwyn Rhydderch" (il [[Libro bianco di Rhydderch]]), scritto attorno al 1350. L'analisi linguistica dei corpi ha dato come conclusione la risalenza attorno al 1100- 1150 per l'uso di un determinato tipo di linguaggio.


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testo in inglese scaricabile senza oneri






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mercoledì 13 settembre 2023

Meticciato e Contaminatio nelle librerie di casa Jean Cau. Il cavaliere la morte il diavolo




Il Cavaliere di Dürer, riscoperto da Jean Cau, riassume in sè ogni rotta tentata e i relativi naufragi, poichè "la guerra, l'amore, il giuoco, la contemplazione" restano le sole verità necessarie, e la loro messa al bando segna la fine di un mondo 

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Così il «Cavaliere» di Dürer diventò l'icona eroica della destra nobile e perduta

L'incisione più famosa e malinconica del maestro rinascimentale ispirò a Cau un saggio diventato il breviario di una generazione


https://www.ilgiornale.it/news/cultura/cos-cavaliere-d-rer-divent-licona-eroica-destra-nobile-e-927657.html


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Si chiamava Jean Cau, era stato segretario personale di Sartre per dieci anni, «facevo parte dei reparti d'assalto dell'intelligenza di sinistra», insignito da giovane del premio Goncourt per il suo libro La pietà di Dio (tradotto nel 1961 da Mondadori). Ma un giorno, tornando dalla guerra d'Algeria, si convertì all'onore e alla tradizione. Combatté contro la decadenza della Francia e dell'Europa, schiacciata tra l'americanizzazione e il comunismo sovietico, avversò il '68. Gli estremi del degrado erano per lui la gioventù drogata e la tecnocrazia al potere. Da allora Jean Cau diventò quel Cavaliere solitario e in disparte, dannato all'inferno e alla morte civile. Scrisse opere taglienti, come Il Papa è morto e Le Scuderie dell'Occidente, pubblicate in Italia da Volpe, e celebrò la corrida in un celebre libro, Toro (edito in Italia da Longanesi) dedicato ai suoi amici matadores, banderilleros e picadores. Non mancò di scrivere un ardito elogio del Che (Passione per Che Guevara, Vallecchi, 2004), che esaltò come un Comandante intrepido, un artista, insomma un Cavaliere che sfida la morte e il diavolo. Per lui, il Che andò a cercar la bella morte: «Ci sono mille modi di suicidarsi. Balzac scelse il caffè, Verlaine l'assenzio, Rimbaud l'Etiopia, l'Occidente la democrazia, e Guevara la giungla». Cau lasciò uno splendido testamento ideale con una prefazione di Alain de Benoist, che uscì postumo in Italia col titolo I popoli, la decadenza, gli dei (ed. Settecolori). Ma l'opera che riassume la sua visione del mondo fu proprio quella dedicata all'incisione di Durer, Il Cavaliere la morte e il diavolo (1977)


https://www.ilgiornale.it/news/cultura/cos-cavaliere-d-rer-divent-licona-eroica-destra-nobile-e-927657.html


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“Ero esigente, asciutto, piuttosto duro. Credevo in certe cose, in certi ideali, in certi valori. Poi incontro Sartre e mi impegno in sezioni dell’intellighenzia francese. Con mio grande stupore, cosa scopro? Che questi intellettuali erano tutti di origine borghese, ma adoravano il popolo e la sinistra. Non hanno mai visto un lavoratore in vita loro, hanno dei domestici, delle cameriere, degli schiavi, insomma, ma sono di sinistra. C’era un atteggiamento nevrotico, un regolamento di questioni personali. Incapaci di essere se stessi, sono andati dal popolo”.

Nato a Bram da Etienne Cau, un lavoratore agricolo poi impiegato di banca a Carcassone, e da Rose una donna delle pulizie, dopo aver concluso gli studi secondari grazie al suo maestro Castel, riesce ad ottenere una borsa di studio per la École Normale Súperieure di Parigi dove si laurea in filosofia. Nel 1946 avvicina Jean-Paul Sartre, del quale è grande ammiratore, guadagnandosene la simpatia e diventandone segretario per oltre 11 anni fino al 1957.

È stato giornalista e reporter per l'Express, Le Nouvel Observateur, Le Figaro e Paris-Match.

Proveniente dall'estrema sinistra, dopo i suoi reportage nella Guerra d'Algeria si allontanò dalle idee di Sartre (pur senza mai parlare male del suo ex "Maestro") e si avvicinò progressivamente (dal 1960) verso la destra radicale, il Groupement de recherche et d'études pour la civilisation européenne (GRECE, chiamato anche "Nouvelle Droite"), scrivendo testi anticonformisti che criticavano la sinistra, la decadenza dell'Europa ed esaltando le tradizioni europee.

Amico personale di Alain Delon, ha scritto la sceneggiatura di film come "Borsalino" e "Il ribelle di Algeri" e il soggetto di "Una donna come me".

In Italia sono stati pubblicati romanzi e saggi: Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo (Volpe 1979; Settimo sigillo 2015), Una passione per Che Guevara (Vallecchi 2004), La pietà di Dio (Mondadori 1962), Il Papa è morto (Volpe 1969), Il popolo, la decadenza e gli dei (Settecolori, 1993),Toro (Longanesi 1962; Iduna 2019).





„Ci sono mille modi di suicidarsi. Balzac scelse il caffè, Verlaine l'assenzio, Rimbaud l'Etiopia, l'Occidente la democrazia, e Guevara la giungla.“


“Mi piace la solitudine del cavaliere i cui passi allineati pesano sulla terra. Quest’uomo che avanza, solo, nel coagulato silenzio, mi piace: ha poche idee nella testa di pietra, l’assurdità̀ di un coraggio incomprensibile per quelli che rabbrividiscono, chiudono la porta, accendono il lume quando la notte cade sulla foresta”

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sabato 9 settembre 2023

Nella libreria di casa Alain De Benoist Identità e comunità (per il sano meticciato e la contaminatio di famiglia )


Identità e comunità 
di Alain de Benoist (Autore)
Guida, 2005

Nei tre saggi che compongono il volume, l'autore critica alcuni concetti fondanti la riflessione liberale sull'uomo e sullo Stato. All'antropologia individualista liberale egli oppone una concezione dell'identità e dell'individuo basata sulla comunità e sul riconoscimento reciproco delle differenze. L'idea di bene comune ed il concetto di comunità sono alla base dell'interesse dell'autore per l'opera di Johannes Althusius, letta come alterantiva federalista e partecipativa al progetto statualista della modernità. 


Article paru en septembre 2009 dans le quotidien “Il Giornale”
(Milan).Comunità è identità Alainde Benoist

Alain de Benoist: “La questione identitaria e la modernità”


De Benoist e il comunitarismo tra speranze e disillusioni


domenica 7 maggio 2023

tra i libri di casa. "Sacro e secolare" d iRamsey, Arthur Michael * (anno 1969)






Sacro e secolare : aspetti oltremondani e inframondani del cristianesimo / di Arthur Michael Ramsey ; traduzione dall'inglese di Renzo Fenoglio

Torino : Borla, 1969



*Arthur Michael Ramsey (pron. /ˈræmzɪ/) (Cambridge, 14 novembre 1904 – Oxford, 23 aprile 1988) è stato un arcivescovo anglicano inglese, centesimo arcivescovo di Canterbury (nominato il 31 maggio 1961, in carica dal giugno 1961 al giugno 1974).

lunedì 1 maggio 2023

Tra i libri di casa: Un testo che rilegge Parmenide contra Platone.. Una meraviglia !!!!



Neolibertino e materialista intransigente, Rosset è uno degli ultimi grandi pensatori del Novecento francese. Il filosofo prende spunto da due celebri frammenti di Parmenide per suggerire al lettore comune alcuni criteri per orientarsi nel labirinto della realtà contemporanea.

Il viaggio che ci propone Rosset è un viaggio attraverso le diverse forme del delirio o della follia umana a cui dà luogo il persistente tentativo di attribuire l'esistenza a ciò che non esiste. Così, davanti al lettore si presentano tutti i tipi di "pazzi", da quelli che un tempo sono esistiti, come Platone, Lullo, Rousseau, Hölderlin o Heidegger, a quelli che sono solo prodotti della fantasia di qualche autore lucido, come l'Otello di Shakespeare, Don José di Bizet, Antoine Doinel di Françoise Truffaut, Geronte di Molière e molti altri. Ma compaiono anche, insieme ai pazzi, alcuni saggi che ci aiutano a prendere le distanze dall'illusione, come Parmenide, Montaigne o Nietzsche.



La figura di Clément Rosset così come ci appare e come ci piace è quella di un iconoclasta che rifiuta sia l'integrazione nelle scuole di pensiero del suo tempo sia le grandi tradizioni filosofiche: preferisce riferimenti a Offenbach o Shakespeare piuttosto che a Platone o Aristotele , e, pur essendo nel cuore stesso della "vita intellettuale" della Sorbona e della Normale, si discosta dalle vie dello strutturalismo e del marxismo (non piangerà coi lupi neanche quando il tempo sarà alla condanna di ideologie ritenute mortali perché anti -umanista).





domenica 23 aprile 2023

Tra i libri di casa. "Il pudore-Un luogo di Libertà" di Monique Selz



In una società come la nostra, in cui l’occhio dell’altro, nelle infinite e multiformi accezioni, è portato ad intrufolarsi ovunque, trovando dall’altra parte altrettanta disponibilità alla esibizione. In una società come la nostra in cui il bisogno di possesso di beni materiali non trova quasi confine con la “fame” di possedere l’altro come oggetto. Il pudore sarebbe proprio una delle garanzie che noi abbiamo di libertà nei confronti dell’ “altro” che con il suo “sguardo” ci forza in continuazione, ci forza ad una difesa. Il pudore allora si dimostra una difesa indispensabile, affatto patologica, della nostra intimità, individualità e sovranità. Il pudore come sentimento contro la trasparenza voluta a tutti i costi, contro il “pubblico” imposto a suon di medialità; il pudore quasi baluardo contro l’illusione della logica imperante del “tutto è possibile”. 


"Dal cogito cartesiano, e poi attraverso differenti tradizioni filosofiche (Kant, Husserl, Scheler, Heidegger, Sartre…) fino alla recente attualità (con Levinas e Ricoeur tra gli altri), abbiamo assistito all’emergere di ciò che può essere definito un luogo proprio a se stessi, quello della intimità, mentre si andava scavando uno spazio di discontinuità tra se stessi e l’altro, che è appunto quello dove noi possiamo pensare che abbia sede il pudore” "L’amore è possibile solo se chi ama e chi è amato sono distinti l’uno dall’altro e dunque separati”. "“Dire che non c’è niente da nascondere, significa immediatamente affermare che qualcosa è nascosto, e tale rimane”."Una comunità umana non può sopravvivere a lungo alla perdita del pudore. Pretendere di farne a meno, significa aprire la strada al ritorno della bestialità"

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Il pudore, in una società permissiva come la nostra in cui il consumismo è smisurato, sembrerebbe una qualità fuori moda. Oggi la parola d'ordine è sviluppare il mercato, cioè mostrare tutto, per suscitare il desiderio di possedere e acquistare. Ma è umana una società fatta esclusivamente di consumatori e utenti? E non è il pudore uno dei luoghi attraverso cui passa il nostro accesso alla libertà? La riflessione di Monique Selz, radicata nella pratica psicoanalitica, delinea i contorni del pudore e mette in evidenza quanto esso permetta a ciascuno di vivere la propria singolarità all'interno della collettività.

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Il pudore, sentimento e comportamento insieme, ha a che fare con la vergogna dell’altro, o con la vergogna causata dall’altro. In quanto tale implica e fonda la presenza e la stessa possibilità dell’altro, creando uno spazio riflessivo per l’individuo. Nel secondo capitolo, per esempio, Selz si sofferma a lungo sull’amore, desiderio di annullare le distanze, di fusione, che però vive proprio nel riconoscimento dell’altro come limite. “Dunque il pudore, attestando l’esistenza del corpo sessuato dell’uomo, ma anche delle sue capacità riflessive e di linguaggio, rivela la sua umanità, differenziandolo da tutti gli altri esseri viventi, fra i quali vergogna, pudore e castità sono assenti”. “È chiaro allora che bisogna separarsi per amare, ma non c’è dubbio che bisogna anche essere sufficientemente in grado di perdere se stessi nell’altro – senza però che tale perdita sia totale – per amare e per vivere”.
riflessione integrale in



Il pudore interviene quindi a definire il confine di un luogo che è prerogativa di se stessi, il “proprio” luogo, che è poi il luogo della libertà dal quale parte lo scambio con l’altro nel rapporto d’amore, ma anche il luogo della sana a giusta protezione nei confronti dell’altro: bisogna saper proteggere se stessi per saper e poter proteggere l’altro sostiene la Selz.

Il pudore è dunque il linguaggio del corpo, ma anche il linguaggio che preserva i corpi che si associano e si dividono tra di loro in un moto di continuità; il linguaggio è dire ma anche nascondere (non fare mistero) del proprio essere, e il pudore rappresenta la libertà del linguaggio di muoversi nel mondo delle relazioni.

Conclude la Selz intendendo il pudore come garanzia, non solo garanzia per il singolo per potersi rifugiare nei momenti di difficoltà, ma anche una garanzia collettiva, una garanzia del genere umano che invece è tanto provata e tentata dalla esteriorità, dalla apparenza e dall’eccesso di trasparenza.

riflessione integrale sta in


Se oggi la società non sembra più insegnare il senso del pudore, resta la madre che nell’adolescenza e nell’infanzia può creare, permettere, un sentimento di pudore ai e verso i figli. Il bambino fin da piccolissimo ha un’idea chiara del pudore: bisogna solo rispettare il suo spazio, la sua fisicità, come ad esempio la sua camera. Il rispetto dello spazio consente di far nascere uno spazio psichico. Non entrate in camera senza annunciarvi, bussate. È interessante risalire all’etimologia del termine ‘segreto’, per capire il ruolo del segreto tra due persone e tra questo e il concetto di pudore. ‘Secretum’ è il participio passato del verbo ‘secerno’, separo. Il prefisso ‘se’ indica separazione, mentre il verbo ‘cerno’ significa passare al setaccio, e designa l’operazione di separare il grano buono dalla crusca. Da ‘secerno’ derivano il termine secrezione e segreto. Il foro quindi, il foro del segreto, lascia passare oppure trattiene. La funzione del segreto è essenziale, perché senza il segreto non esisterebbe alcun luogo dell’intimità. 



Anni fa, la psicoanalista Monique Selz prese di mira la “dittatura della trasparenza” che domina le nostre società soggette al panopticon (idea di Bentham in funzione carceraria), ovvero la volontà di controllare l’individuo in ogni istante della sua vita (il Grande Fratello orwelliano ante litteram; e si ricordi che la trasparenza fu un mito totalitario del sovietismo). Una società onesta e sana sa – scrive il filosofo ebreo Shmuel Trigano – che nella vita di ciascuno di noi deve rimanere una sfera di “occultamento” dallo sguardo degli altri, perché «senza un’episodica eclissi, senza battito di palpebre né periodico sonno, qualsiasi presenza è impossibile nel mondo». Ma questo contrasta con la cultura vigente: tutto è merce e il consumo va incentivato.
Addio dunque a vergogna e pudore. Ma le cause non sono solo sessuali, c’è prima di tutto l’invidia: quella, disse Lacan, fra fratellini che aspirano al seno materno. Oggi la grande madre da nutrice si è trasformata in produttrice, mater-tech secondo Erich Fromm, e ci spinge a ostentare noi stessi senza freni né veli per avere notorietà e ricchezza. L’impudicizia come consumo.
(Maurizio Cecchetti giovedì 20 dicembre 2018 -quotdiano Avvenire)

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mercoledì 12 aprile 2023

tra i libri di casa Guido Morselli Roma senza papa Cronache romane di fine secolo ventesimo Adelphi 1974



RISVOLTO
Nella Roma fine-secolo-ventesimo in cui si svolge questo romanzo, città ampiamente dissestata e disfatta, un solo fatto essenziale sembra mutato rispetto alla Roma di oggi: il silenzioso abbandono del Vaticano, non più abitato dal papa, Giovanni XXIV – un irlandese di mezza età, fidanzato, si dice, con una teosofa di Bengalore –, che ha trasferito la Sede Apostolica in una inappariscente Residenza, simile a un complesso di motels, a Zagarolo. È questa la ‘Roma senza papa’ che si mostra a un discreto e percettivo sacerdote svizzero che vi torna dopo anni di assenza, in attesa di essere ricevuto in udienza da Giovanni XXIV: una città offesa per l’oltraggio commesso dal papa contro il turismo, ormai principale attività del Paese, «impigrita, svuotata, con un che di depresso», ma pur sempre una città che continua ad accogliere, con la consueta indifferenza, un instancabile cicaleccio teologico. Negli antri climatizzati della Università Gregoriana, in ampi refettori dalla luce soffusa, in modeste case di parroci, in convegni di seriosa incongruità proliferano e si accavallano come mai prima le teologie, e le nuove tesi vengono spesso pronunciate da sacerdoti che parlano una lingua mista fra il romanesco e lo slang americano. Dalla ‘socialidarietà’ al policentrismo più sfrenato, dalla auspicata introduzione del totemismo nella pratica religiosa a progetti di rigide restaurazioni, tutto può essere invocato e esecrato in questo clima di ormai perfetta confusione delle lingue, dove il protagonista si muove con imbarazzo e con una certa malcelata amarezza, finché la sua perplessità giunge al culmine, e anche a una sorta di liberazione, nella visita alla Residenza del Papa, un essere dolce e un po’ spento, che alleva serpenti, ama il silenzio e vive in una sua ombrosa, elusiva solitudine.
L’acutezza ironica di questa vicenda, la padronanza con cui Morselli si muove nei labirinti delle dottrine, vere e immaginarie, della Chiesa, i magistrali ritratti di ecclesiastici di alto e basso rango, l’incessante invenzione satirica, fanno di questo libro un felicissimo romanzo di ‘anticipazione teologica’, dove le idee hanno la concretezza e il grottesco dei personaggi e dove, a ogni passo, si sente uno sguardo disincantato e penetrante posarsi su un futuro che incontriamo ogni giorno.




Trama
È stato eletto papa un turco di rito Maronita, che ha preso il nome di Libero I. Con l'enciclica Maria, Mater Christi, inaugura una mariologia rinunciataria. Abolisce il celibato ecclesiastico, mantenendo la proibizione per gli anticoncezionali, per cui il prete fedele si riconosce dalla famiglia numerosa. Ciò è solo l'inizio di una stagione di demolizione della tradizione della Chiesa. Il papa lascia Roma e si trasferisce a Zagarolo, alimentando un clima di sospensione e attesa.

Guido Morselli era un ottimo romanziere, ma fu apprezzato solamente dopo il suo suicidio; tuttavia, ignorava le pratiche dei Maroniti, tranne forse l'antichissima origine monotelita, abbondantemente rinnegata, altrimenti non ne avrebbe attribuito ad un loro membro simili iniziative. Sono trascorsi alcuni anni. Il romanzo è presentato sotto forma di diario: il suo protagonista e narratore è un giovane sacerdote svizzero, don Walter, coniugato con una psichiatra, ma attaccato alla talare ed alla Messa celebrata tutta in latino ed iniziando con L'Introibo. Egli e la moglie sono molto devoti alla Madonna: lui è venuto in Italia per consegnare al nuovo papa, un monaco benedettino irlandese che ha preso nome Giovanni XXIV e ama allevare vipere, un saggio scritto da lui e dalla consorte, in difesa dell'Iperdulia (la devozione mariana).

Intanto, in Italia, l'abolizione delle gare sportive, in specie delle partite di calcio, ha provocato lo scoppio della sua prima vera rivoluzione. Amintore Fanfani, divenuto capo del PSU (Partito Socialista Unificando) è il dittatore comunista al potere. Il prete svizzero, assiste a spettacoli a dir poco "curiosi". Dal vecchio parroco trasteverino, che, alla notizia che, ben presto, per essere prete bisognerà sposarsi, pensa di lasciare il sacerdozio, ai seminaristi che sfilano con la fascia di lutto al braccio per la "morte" di Dio. La Chiesa Spagnola, non contenta di queste riforme, reputate ancora troppo timide e parziali, si è staccata consumando uno scisma.

Nel frattempo, però, la Chiesa Anglicana si è sottomessa e subito ha fatto causa comune con gli ambienti più reazionari di Curia. Circa il papa, poi, proprio durante il soggiorno italiano del prete svizzero, le agenzie di stampa battono la notizia che la presidentessa degli USA, ed un'indiana maestra di yoga, sono divenute rivali, avendo entrambe chiesto pubblicamente la sua mano. Allorché finalmente riesce ad incontrare il pontefice, ne ricava l'impressione che era il più tradizionalista di tutti, seriamente addolorato per la situazione di sfascio della Chiesa, ma che, giuntovi alla guida, aveva concluso che solo toccando il fondo si poteva risalire, e, pertanto, aveva deciso, semplicemente di non far nulla.

In effetti, quando finalmente, (dopo circa un anno di attesa in una Roma completamente secolarizzata e "vedova" della presenza papale), don Walter riesce a farsi dare udienza dal papa, assieme ad altri undici prelati, le uniche parole che ascolterà, prima di tornarsene in Svizzera, dall'amata ma sterile moglie psichiatra Lotte sono:
«I preti sono portati a vedere il buon Dio a loro immagine e somiglianza, anche quando predicano che siamo noi a immagine e somiglianza Sua. Invece... bisogna persuaderci che Dio è diverso, Dio non è prete... E nemmeno frate



3/06/2012
“Roma senza Papa”, e il cristianesimo ritrovò se stesso

Un monaco, anche se non ignaro delle mondanità diplomatiche, rimane un monaco. Tale era Giovanni XXIV all’atto della sua elezione. […].
Ho qui nella cartella ‘Evidenza’, le bozze di una circolare che mi passa Mons. Vescovo. Si avverte il clero dipendente che è consigliabile non tenere elicotteri per uso personale, compresi i c.d. station-copter di impiego promiscuo. Evitare in ogni caso di servirsene in compagnia di donne, specie in età giovanile, comprese le religiose, ancorché indossino le vesti degli ordini.
Risulta dal relativo dossier della VI (sesta) circolare che diramiamo in due anni sull’argomento. Ciò basta a provare che queste reprimende sono inutili. […]
Giovanni dunque era monaco. Adesso che è papa e ha detto addio alle vie della contemplazione per intraprendere quelle, meno comode, dell’azione responsabile e direttiva, la domanda è se ha cambiato vita.
Concezione e intima condotta di vita. Un papa che venga al Soglio del governo di una grande arcidiocesi, cambia soltanto dimensioni di lavoro: Giovanni, oltre a cambiare carriera, ha assunto un nuovo e più strenuo ideale. […] Vediamo sino a che punto si concilia quel poco che sono giunto a sapere di Lui. Notizie di superficie raccolte in pochi giorni e per pochi canali; aneddotica ‘romana‘ più che altro.

Giovanni beve, benché moderatamente. Un paio di bicchieri di vino locale, dopo il pranzo e la cena. Mangia, di gusto suo, pochissima carne. Preferisce latte, formaggi, uova.
Gli piacciono i dolci e non se li fa mancare. Caflisch manda da Napoli le tortiere già pronte, da presentare alla mensa d Sua Santità. Gradisce, in tutte le stagioni, il gelato. Fuma sigarette Peter Stuyvesant, in dose appena normale, (e nel formato comune, non in quello maggiorato che il fabbricante non si perita di chiamare Pope’s size). Mangia da solo, tranne, come già Pio X e Giovanni XXIII, la domenica, quando convita amici, se possibile conterranei. Come tutti gli Irlandesi, il suo vino non lo beve a pasto ma dopo, camminando su e giù per la stanza, o seduto, d’inverno, al caminetto.
Si è dispensato da tutte le pratiche conventuali e monastiche, in quanto obbligo, non però in quanto saltuaria e spontanea frequenza: e non dalla veste, che trova confortevole più del clergyman, adottato dal suo diretto predecessore Libero I. Se fa caldo, lo si può vedere in sandali e perfino affatto scalzo, a piedi nudi.
Nella Residenza non ci sono piscine, nemmeno di quelle ‘micro-olimpioniche’, in plastica, come ne possiede ogni villino di periferia: pure Giovanni si mantiene agile, coltiva volentieri il gioco del tennis. Lo fa senza eccessi; corre voce che abbia giocato, e vinto, con Di Gennaro, l’ambasciatore statunitense. Buon cavalcatore (è un’antica tradizione dei Benedettini d’Irlanda) , si esercita nei giardini della Residenza; opportunamente, a non rievocare fantasmi di papi equestri, adopera le due mule giuntegli in dono dall’Isola dei Santi.
La famosa amicizia con Mrs. Oona Maraswami appartiene, se mai, alla vita pubblica. Gli incontri in verità spesseggiano. Però hanno luogo in biblioteca, presente l’uno o l’altro dei due prelati o camerieri partecipanti; oggi, per l’esattezza, Segretari-privati. Incontri, dunque, spogli d’intimità, anche se non rigorosamente protocollari. Circostanza notevole, che non è ancora stata data in pasto a lettori e telelettori: fra i subalterni della Residenza si contano diverse donne, non religiose e non vecchie, fra cui un’interprete di dialetti africani (negra), una cuoca emiliana, una tecnica inglese del teletyping. Il progresso o comunque il divario, rispetto a Suor Pasqualina, è chiaro e non occorre di più per assegnare il peso che meritano alle versioni ascetiche della personalità dell’Uomo, che si sono tentate da varie parti; leggermente e affrettatamente, a mio sommesso avviso.
Misura, spontaneo equilibrio. Niente di rigido, di mortificatorio, o di esteriormente austero. Certo, d’altra parte, nemmeno più l’ombra del fasto feudaleggiante della Corte che trent’anni fa io ebbi modo di ammirare. Diciamo pure, di venerare.
Non assiste a spettacoli cinematografici, non a concerti, non tiene presso di sé un solo apparecchio TV, neanche del vecchio sistema bidimensionale. Invece dicono che apprezzi, come un papa del Rinascimento, gli spettacoli molto ingenui e animati, di destrezza o fi forza, i giocolieri, i comici, i clown, i lottatori. Al ricevimento del segretario del PCUS, Wassilienko, il maggio scorso, pare che costui osservasse:
Suppongo che Vostra Santità conosca bene Marx.
Quale de due – avrebbe risposto Giovanni – Groucho Marx o Karl Marx?”


lunedì 10 aprile 2023

tra i libri di casa. La Filosofia del Dr. House

La filosofia del Dr. House. Etica, logica ed epistemologia di un eroe televisivo - Blitris - copertina

La filosofia del Dr. House. Etica, logica ed epistemologia di un eroe televisivo – 6 settembre 2007- 

Autore Blitris 


Per House ogni malattia è una sfida, un nuovo e intrigante puzzle da risolvere con acume, spirito di osservazione, abilità analitiche e intelligenza. E la sfida, per noi, è House. Come ragiona? Come fa a indovinare la diagnosi? Come fa a sapere che è corretta? E’ buono o cattivo? O è al di là del bene e del male? E perché, in fondo, ci affascina tanto? Ecco perché abbiamo deciso di discutere di filosofia con Gregory House. Perché oltre a mostrarci qualcosa di assolutamente originale ha anche qualcosa di appassionante da dirci.

“Che questa iper-etica della singolarità, che questo imperativo fondato sulla concreta vanificazione dei principi universali incontri il successo di un vasto pubblico è, se non una prova, almeno un indizio del fatto che tale etica è possibile.” (Girolamo De Michele, Liberazione, 31.1.2008)

Blitris è il nome di un collettivo filosofico nato nel 2007 i cui membri sono M. Cristina Amoretti, Daniele Porello, Simone Regazzoni, Chiara Testino. Blitris (dal greco blityri) indica una parola senza significato, un puro suono che imita quello di uno strumento a corde.


Descrizione


Nell'epoca in cui i festival di filosofìa riscuotono il successo dei grandi concerti rock, si può forse cominciare a dire che la filosofia è aperta a tutti quelli che hanno voglia di sperimentarla, non solo agli specialisti. La filosofia discute di temi e problemi che riguardano tutti. Che cosa è giusto o sbagliato? Come si conduce un ragionamento corretto? Che cosa conosciamo? Si tratta allora di capire come entrare nel mondo della filosofia. Come imparare le regole del gioco. I 4 giovani filosofi autori del libro hanno scelto di discutere di filosofia con Gregory House, l'originale protagonista di una delle serie tv più seguite di tutti i tempi, Dr. House M. D. Perché si può fare filosofia anche senza i manuali. In maniera appassionante, rigorosa, ma anche divertente... divertente come guardare la propria serie televisiva preferita.


Fare filosofia a partire da un telefilm: un modo originale per avvicinare il pubblico, specialmente gli studenti, a questa materia. Un telefilm popolare, con spettatori trasversali in cui sono numerosi i liceali e gli universitari. Quattro approcci diversi, ma uno stile sempre chiaro e ricco di richiami a dialoghi e puntate. La singolare etica di House che va al di là dell'etica ed è un'iper-etica; le ragioni e la logica di House spiegati a partire da precisi episodi.


'Studiamo il mito pop per parlare con tutti'

Le lezioni di Socrate, Derrida, e Kierkegaard spiegate attraverso lo stetoscopio, le stampelle e l' irresistibile arroganza del medico più amato del piccolo schermo. Termini come «epistemologia» e «iper-etica» che acquistano un senso improvvisamente chiaro in una corsia d' ospedale, tra trapianti di cuore e terapie sperimentali. E l' imperativo categorico di Kant, un dovere incondizionato a cui occorre sacrificare tutto, che si materializza nella missione-ossessione, fatta propria dal personaggio interpretato da Hugh Laurie, di salvare la vita al paziente a costo di trasgredire qualsiasi regola e qualsiasi morale. Insomma, una filosofia del doctor House è possibile, almeno secondo Maria Cristina Amoretti, Daniele Porello, Simone Regazzoni e Chiara Testino: quattro giovani filosofi dell' Università di Genova che hanno deciso di riunirsi in un collettivo, Blitris («una parola senza senso, un puro suono che imita quello di uno strumento a corde»), per provare a spiegare «etica, logica ed epistemologia di un eroe televisivo». Il loro La filosofia del Dr. House (Ponte alle Grazie, 2007) sarà protagonista, oggi alle 17.30 alla Biblioteca delle Oblate (via dell' Oriuolo, 26, ingresso libero) del primo appuntamento del 2009 di «Leggere per non dimenticare». A presentarlo, Sergio Givone, docente di Estetica all' Università di Firenze. Nel prologo al vostro saggio - chiediamo a Simone Regazzoni - scrivete che «la filosofia non dovrebbe rinunciare a niente, nemmeno alla televisione». «Abbiamo semplicemente portato in Italia qualcosa che è molto diffuso nel mondo angloamericano, e cioè una filosofia della cultura di massa. Può sembrare una provocazione, ma trattiamo un mito pop come Doctor House con lo stesso rigore di Platone o Aristotele. Nel farlo, certo, abbiamo attirato giudizi feroci, ma capitò anche a Eco, quando scrisse La fenomenologia di Mike Bongiorno e fu criticato da Citati. Altrove, invece, siamo stati apprezzati: La filosofia del Dr. House è stato adottato anche in alcuni corsi di laurea». Fare riferimento a un telefilm così popolare può servire ad avvicinare i giovani a una materia in apparenza tanto ostica come la filosofia? «è quello che speriamo. Il libro può essere letto da tutti, anche se, di sicuro, richiede un certo tipo di sforzo. Uno sforzo che abbiamo fatto anche noi, soprattutto nella scrittura. Alla fine del libro, abbiamo inserito un piccolo glossario per far sì che i termini utilizzati siano accessibili a chiunque. Questo perché condividiamo l' idea gramsciana secondo cui la filosofia non deve essere confinata in un' élite». Il metodo utilizzato - scrivete - è quello socratico. In cosa consiste? «Porre domande per far emergere dei problemi. Socrate lo faceva nella pubblica piazza ad Atene. Noi facciamo la stessa cosa nella piazza globale dell' universo mediatico». Leggendo il libro si avverte, oltre a una conoscenza approfondita degli episodi, una certa fascinazione per la serie. Ammettetelo, siete fan di Doctor House? «Inutile bluffare, i lettori se ne accorgerebbero! La risposta è sì, amavamo Doctor House ben prima di pensare di scriverci un libro. Lo troviamo fantastico, scritto benissimo, come tante altre serie televisive statunitensi, che sono vere e proprie opere d' arte della cultura di massa. Del resto, anche un grande filosofo come Derrida non si perdeva una puntata di Dallas». In appendice, accanto ai personaggi tv compaiono filosofi come Francesco Bacone e Guglielmo d' Occam. «Si tratta di mescolare alto e basso, di non tenere la filosofia ingessata nel suo empireo. House è un personaggio concettuale esattamente come Socrate, e per questo stanno benissimo accanto. Così come Derrida è perfetto accanto alla dottoressa Cuddy».


https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/01/07/studiamo-il-mito-pop-per-parlare-con.html


 La filosofia del Dr. House, scritto a otto mani dal collettivo filosofico Blitris (composto da quattro ricercatori di filosofia dell’Università di Genova). Un collettivo che si muove nell’ambito del post-strutturalismo francese, e che sembra voler riconoscere alla filosofia il compito di ricognizione e chiarificazione dei linguaggi e degli oggetti della quotidianità, animati dal convincimento che «non ci sono cose degne o indegne di attenzione filosofica, ma solo modi buoni o cattivi di fare filosofia sulle cose. Tutte le cose»: in una fase di profonda crisi della filosofia, non è un compito da poco. E Gregory House non è il più facile degli oggetti da assumere per una fenomenologia dei comportamenti. Logico e illogico al tempo stesso, impermeabile ad ogni regola – «House non disobbedisce alle regole, le ignora e basta. Non è Rosa Parks, è un anarchico» – ma anche portatore di un particolarissimo imperativo etico: non lasciare nulla d’intentato per sconfiggere la malattia (NB: sconfiggere la malattia, NON curare il malato), nella convinzione che per un medico la propria sconfitta, cioè la morte, sia «un sintomo incurabile». Detto altrimenti, House si relaziona all’evento (la malattia), obbedendo a un imperativo incondizionato la cui forma, diversamente da Kant, non è universale, ma assolutamente singolare. L’etica della singolarità, da Kierkegard a Deleuze, è proprio questa: mentre l’agire dell’eroe tragico «ha il suo fine nell’universale, nel bene universale, il Singolo sospende l’etica e le sue regole perché il suo fine è mettersi in relazione con l’altro assoluto al di là dell’universale». Appoggiandosi all’etica di Alain Badiou, Blitris ricorda che la situazione clinica non significa altro che «curare questa persona che glielo domanda fino in fondo, con tutti i mezzi di cui conosce l’esistenza»


Articolo integrale sta in 





https://www.carmillaonline.com/2008/02/03/blitris-la-filosofia-del-dr-ho/