sabato 29 ottobre 2022

Andrea Giostra Novelle brevi di Sicilia-- IL SENATORE -




https://andreagiostrafilm.blogspot.com/2017/09/novelle-brevi-di-sicilia-mia-nonna-vita.html?fbclid=IwAR3bORbWKAdSkXOseWGAfdZosTaEwnIanw9FxPK7suegd5aNp0M5cYConLw

Il senatore

Portò l'indice destro verso la lingua per inumidirlo e sfogliare facilmente il Giornale di Sicilia nel quale stava leggendo della morte di un ex senatore della Repubblica ucciso dal suo giovanissimo badante immigrato regolarmente, dopo che l'aveva prima lavato e poi accompagnato nella camera da letto.

Aveva immaginato il rosso sangue colorare a chiazze profonde e ampie le lenzuola bianche del grande letto matrimoniale dell’ex senatore, e le pareti schizzate dappertutto come in un dipinto astratto di Goa, un pittore sardo del quale aveva visto le opere navigando su Internet. La stanza si era riempita di carabinieri e di giornalisti sui cui visi si leggeva il disgusto della scena del delitto.

I primi erano intenti a delimitare con un nastro bianco e rosso la scena del crimine... i secondi, chi sul palmare, chi su taccuini di carta riciclata, prendevano velocemente appunti facendo domande a raffica al capitano appena arrivato e ancora disorientato dallo spettacolo che gli si era presentato agli occhi.

Il Prefetto, appena uscito dalla stanza, aveva ricevuto la telefonata della massima autorità dello Stato, amico di lunga data dell'ex senatore, che gli chiedeva notizie. Impalato come sull'attenti nell'ingresso della villa e sudaticcio per il caldo afoso di agosto e per la tensione della telefonata ricevuta, aveva raccontato i fatti e rassicurato il Presidente sulla discrezionalità delle indagini.

Poi chiuse il cellulare e prese dal taschino il suo fazzoletto bianco ricamato che poggiò sulla fronte per assorbire le vistose gocce di sudore dalla pelle rossiccia e paonazza per il caldo e l'emozione della telefonata.

Il Questore per tutta la telefonata rimase immobile accanto a lui e lo fissava dritto negli occhi per la curiosità di quello che di lì a poco gli avrebbe detto.

Il Prefetto lo guardò, gli fece solo un cenno con gli occhi, che nel loro linguaggio non verbale voleva dire: appuntamento in Prefettura per il pomeriggio.

Le dita della mano destra del Prefetto si erano sollevate lentamente e l'Audi A3 blu notte blindata si avvicinò.

Salì gustandosi la frescura dell'aria condizionata sparata a diciotto gradi dal suo autista e frettolosamente sparì dietro l'angolo che delimitava la tenuta della Fondazione di cui era Presidente l'ottantenne ex senatore della Repubblica. Aveva immaginato tutto questo.

Poi aveva chiuso il giornale e si era tuffato nelle acque trasparenti della spiaggia dell'asino dalla quale si vedevano i fumi del vulcano minaccioso e affascinante.

Gli era venuto in mente Sciascia e il suo romanzo breve "Una storia semplice".

Si era chiesto come mai.

In fondo era in Sicilia e lui era un siciliano.

Come l'ex senatore della Repubblica, come il Prefetto, come il Questore, come il Capitano dei Carabinieri.

Uscì dall'acqua e pensò che avrebbe dovuto distendersi sul lettino e godersi la vacanza in quel posto straordinario e così colmo di silenzio e di pace.

Chiuse il Giornale di Sicilia, lo rotolò, lo infilò nel cestino del lido dove decine di turisti stavano apprezzando la natura illuminata da un sole caldissimo che in quel posto appariva selvaggio e possessivo.

martedì 18 ottobre 2022

Racconti di un quotidiano maldormire trasformati in un'avventura nella rieducazione posturale.

Racconti dal materasso. Ediz. illustrata - Stefania Vian - copertina


Quando entrarono dissero di voler dare solo un occhiata, le lasciai girare per il negozio ma mi soffermai ad osservarle da lontano, una giovane e giunonica, l'altra dal fascino elegante ma un pizzico alternativo, entrambe con dei lunghi capelli biondi ed un'abbronzatura fresca da spiaggia con un ondata di profumo di cocco.

Dove finiva una, iniziava l'altra.

Mi avvicinai con discrezione, non volevo essere invadente ma guardare i materassi da sole non è un prodotto estetico ma va provato per poter capire dove ci si sente meglio.

Così mi presentai e gli chiesi di cosa avevano bisogno e mi risposero un materasso.

Ma per chi è il materasso, chiesi io?

Per me, rispose la signora, anzi per noi, mia figlia da quando è mancato il padre dorme con me anche se in realtà abbiamo sempre dormito assieme...

Mi spiega di quando era piccola e andava nel suo letto da una piazza e mezza per addormentarla e alla fine si addormentava lì e ci rimaneva, lasciando il marito solo nel talamo nuziale,

Ma non si fa così, dissi io.

Eh lo so, ma ormai è andata così.

La figlia che avrà avuto diciotto anni, prendendo i capelli tra le mani e raccogliendoli in parte mi disse:

- e poi se io devo andare a dormire nell'altra stanza la mamma mi deve comprare un letto nuovo.( con aria di sfida)

- Ma ti troverai un fidanzato prima o poi e vedrai come ti passa la voglia di dormire con la mamma.(le risposi, accettando la sfida)

La mamma sorridendo, mi disse, basta che mi lascino il letto matrimoniale che non mi tocca andare a finire nella cameretta..

Ridemmo tutte e tre.

Allora è arrivato il momento di provare i materassi, ditemi il vostro ideale di confort.

Mia figlia aveva visto questo in bamboo perchè è un attivista green ed è molto interessata a questa filosofia.

Io gli spiego che quel materasso è un buon materasso ma rientra nella tipologia dei rigidi anche se in maniera dolce e noi donne che quasi tutte dormiamo di lato, il rigido tende a schiacciarci la spalla.

Comunque Greta, provalo che cosi verifichiamo.

lei si distende a pancia in su, dopo un pò gli dico di provare a mettersi su un fianco e le faccio notare come la spalla è spinta in sù creando una tensione cervicale.

Provami il materasso qui in fianco a te.

lei ormai da perfetta modella dalle gambe lunghe si distende in scioltezza sul materasso un pò più confortevole.

Vedi, questo è il giusto confort ergonomico dove il bacino scende, le gambe salgono ed il respiro è diaframmatico e tu praticamente hai quell'espressione di estasi.

- mamma si sta benissimo, dice e speriamo di riuscire a convincerla a dormire da sola o forse è la mamma che non vuole?

https://it.linkedin.com/pulse/racconti-dal-materasso-stefania-vian-10 

Entra una coppia sui 70 anni, lei con il cappello di paglia e lui in tenuta da turista per caso, sembrano appena scesi da una nave crociera e con spirito baldanzoso mi dicono che vogliono un materasso rigido e che non vogliono spendere una follia. Io spiego loro che noi siamo produttori e abbiamo un offerta a ventaglio quindi riesco a darvi anche un prodotto con buon rapporto qualità prezzo.Ah bene fa lui e si sdraia su uno dei nostri materassi più rigidi. Uno schiumato ad alta densità. Gli faccio notare come quel materasso spinge troppo sulla schiena e sul diaframma, non permettendo la massima aderenza della colonna vertebrale. Venga con me, gli faccio. La moglie nel frattempo si era allontanata perché continuava a tossire forse a causa dei pelucchi che si formano dentro la mascherina. Lo faccio sdraiare su un materasso rigido si, ma con una lastra di visco mind modellante che gli fa cambiare completamente la postura. Vede com'è più appoggiato e come respira meglio? Lui mi guarda sorpreso e mi fa vedere come il suo stomaco si sposta...Allora rimango io a bocca aperta. Mi siedo in fianco a lui e mi racconta che a 40 anni ha avuto un aneurisma addominale e che per intervenire avevano dovuto togliergli 2 costole per cui il suo stomaco fluttuava di qua e di là e come un Barba papà cambiava forma ogli volta che lo toccava. Mi hanno anche tolto un polmone e la milza per questo non voglio spendere troppo. Non so per quanto tempo ci sono.Io lo ascolto con quella curiosità di capire la forza dell'essere umano ogni volta che viene colpito sul fisico e come riesce a rafforzare la mente, anche se non sempre avviene.Mi pare che stia reagendo bene comunque e ha un aspetto sano e una grinta che aiuta sempre. Si, si mi fa lui, anche l'ironia. Pensi che uscito dalla sala operatoria il chirurgo mi viene a parlare in stanza, spiegandomi che l'intervento era partito dall'inguine per intervenire sull'aorta per cui erano state compromesse le parti basse, ed io che avevo la mascherina dell'ossigeno, me la tolgo e guardandolo fisso gli chiedo:- in che senso?- nel senso della sterilità.- mavaffaculo dottore, l'importante che riesca ancora a trombare, cazzo! Ridiamo.A volte mi chiedo come riesco a tirare fuori tanta confidenza dalle persone, ma credo sia merito dei materassi e della posizione distesa che mette a nudo la parte più intima.

https://www.facebook.com/stefaniavian69

https://www.lospaziobianco.it/author/stefaniavian/


domenica 2 ottobre 2022

Jacob Presser La notte dei Girondini Traduzione di Primo Levi



RISVOLTO

Uno degli aspetti più terrificanti nella macchina infernale dei campi di concentramento nazisti è stato senz’altro l’utilizzazione e lo sfruttamento per fini distruttivi di un certo odio di sé ebraico, di cui già nell’Ottocento dà testimonianza tutta una serie di pubblicazioni antiebree ad opera di ebrei. Questo sentimento ambiguo e autodenigratore era vivo in particolare fra gli ebrei occidentali agiati, che più tenacemente volevano l’assimilazione nei paesi dove vivevano. È un tema difficile, intricato e sconcertante – e su di esso è centrato il breve, intensissimo romanzo che qui presentiamo, scritto dallo storico olandese Jacob Presser sulla base di esperienze anche dirette della persecuzione nazista in Olanda.

Il giovane protagonista, ebreo di origine portoghese, professore di storia in una scuola di Amsterdam, è tormentato dall’idea dell’assimilazione, da una volontà cocciuta di nascondere il suo ebraismo, che gli fa sentire il fascino di laide corporazioni studentesche e perfino del movimento fascista. Siamo durante l’ultima guerra: l’Olanda è sotto il dominio nazista e gli ebrei di Amsterdam scompaiono a poco a poco. I nazisti li rinchiudono nel campo di concentramento di Westerbork, da cui partono con inesorabile regolarità convogli per Auschwitz. E paradossalmente, proprio per salvarsi dalla persecuzione, il giovane professore decide di farsi internare anche lui a Westerbork, ma in una posizione di comando, che lo obbliga all’orrendo compito di amministrare le vittime.

Qui gli si farà luce su tutto: non solo sulla mostruosa impresa nazista, ma sulla cecità delle sue vittime, convinte di essere al sicuro, ciascuna su una ‘lista’ segreta di privilegiati, che non dovranno mai partire per Auschwitz. Queste liste invece «saltano» a una a una: la tortura per mezzo della speranza è infatti il più beffardo e atroce trucco dei nazisti per mantenere l’ordine nei campi. Passando attraverso episodi che sanno illuminare l’orrore con pochi e memorabili tratti, mentre si delinea la straordinaria figura del feroce Cohn, ebreo collaborazionista da cui dipende la vita di tutti nel campo, e a contrasto quella del giovane ‘rabbi’ Geremia Hirsch, che aspetta lucidamente il destino leggendo la Scrittura, il racconto precipita verso la sua tragica fine: per il protagonista, infatti, penetrare dietro la cortina di fantasmi che hanno avvolto la sua vita e quella di tanti suoi parenti e amici vuol dire riconoscere la propria degradazione e con ciò condannarsi a morte. Non senza, però, aver compiuto un gesto di rivolta che capovolge i termini della sua breve vita di cieco e delicato intellettuale.

La notte dei Girondini apparve per la prima volta nel 1975.


https://www.adelphi.it/libro/9788845913372



Lo spazio tra carnefici e vittime è una zona grigia, non è un deserto“, spiega Levi. E quella zona grigia, tutt’altro che desertica, è spesso popolata da individui che hanno avuto ruoli quanto meno equivoci e, visti al di fuori di un certo contesto, senz’altro esecrabili. Ed è esattamente nella zona grigia di cui dice Levi che si muove il protagonista de “La notte dei Girondini”, l’olandese Jacques Suasso Henriques, insegnante di storia presso l’unico Liceo Ebraico che i tedeschi permettono che esista ad Amsterdam. Suasso è un ebreo di origini portoghesi, un dettaglio che, nel 1943, non cambia praticamente nulla agli occhi dei nazisti. Lo sa bene il suo allievo Georg Cohn:“… perché nel 1703 c’era un Henriques che abitava ad Oporto. Le so dire quanto le servirà! […] Prima dell’estate setacceranno tutta Amsterdam. Lei conta di nascondersi?” Il ragazzino sembra conoscere il fatto suo e forse anche qualcosa in più. Per questo invita l’insegnante a diventare l’aiutante di suo padre, capo del Servizio d’Ordine ebraico nel campo di concentramento di Westerbork, nella provincia olandese del Drente, affinché diventi un uomo vero, un uomo forte e determinato e, soprattutto, un ebreo in meno da far salire sui treni per Auschwitz.

Suasso è un ebreo. Cohn è un ebreo. Entrambi si ritrovano al centro di quella zona grigia indagata spesso anche da Levi attraverso le sue opere. Sono ebrei ma sono al servizio diretto degli aguzzini tedeschi. Collaborano con loro, rastrellano altri ebrei, li catturano, li conducono al campo, stilano le liste e li chiudono nei treni piombati destinati ad arrivare nei campi di sterminio in Polonia. “O loro o io“, spiega Cohn padre a Suasso appena arrivato a Westerbork. Il principio appare infallibile. Se quel che c’è da fare non lo fa Cohn, lo farà sicuramente un altro ebreo al posto suo: “Che cosa vorresti fare? E che cosa posso fare io, che cosa possiamo fare noi, qui?“. Una domanda che fa da inciampo a migliaia di discussioni venute dopo la Shoah. Cosa potevano fare quegli ebrei che per non diventare vittime si sono tramutate in carnefici? Potevano davvero fare qualcosa? La loro era solo paura, viltà, meschinità? E se così fosse, basta tanto a giustificare la mutazione in carnefici e, quindi, la morte di tante persone?

“La notte dei Girondini” non è altro che il memoriale di Henriques. Ormai l’uomo si trova in una baracca, come tutti gli altri ebrei di Westerbork, in attesa di essere messo su un treno che lo condurrà allo sterminio. La sua posizione di aiutante dell’ebreo più potente del campo è compromessa. Non gli resta altro che ricordare e, per quel che serve, confessare le proprie colpe. Lo deve al nuovo se stesso, probabilmente. A quel nuovo sé affiorato grazie alle parole scambiate con Jeremia Hirsch, un insegnante di religione ebraica rinchiuso a Westerbork con la sua famiglia. L’ebreo occidentale, come spiega Levi nella premessa, è profondamente integrato con la cultura nazionale di cui è parte, “talmente intrecciato con la cultura del paese-ospite da non possedere, come è noto, una lingua propria. […] La figura dell’ebreo contento del suo ebraismo, a cui il suo ebraismo basta (l’immortale Tevie il lattivendolo, di Schalom Alechem), in Occidente è rara o manca“. E Suasso è un ebreo occidentale fatto e finito. Vive sotto un regime violento ed ostile e non sopporta il proprio ebraismo. Lo trova detestabile, scomodo e sconveniente. Molti ebrei occidentali sembrano aver scoperto la propria appartenenza religiosa solo dopo le persecuzioni naziste. Prima non faceva differenza, non era rilevante e, comunque, non aveva particolare valore.

“La notte dei Girondini” è un romanzo breve uscito nel 1957. Presser, il suo autore, è uno storico ebreo olandese che, durante il Nazismo, è riuscito a nascondersi e a sfuggire ai rastrellamenti. Nel 1975 Levi ha chiesto la pubblicazione di questo libro curandone personalmente la traduzione, poiché, seppur evidenziando la qualità non eccellente della narrazione che appare spesso un po’ troppo leziosa ed artefatta, riconosce al romanzo di Presser valori rilevantissimi. In primis la verosimiglianza della storia. Nonostante Presser non abbia mai fatto esperienza diretta, è riuscito a descrivere la deportazione in maniera impeccabile e veritiera. Inoltre, come ho scritto poco sopra, a “La notte dei Girondini” va il merito, secondo Levi, di essersi soffermato sulla crisi di identità dell’ebreo occidentale e, soprattutto, di aver analizzato, in maniera ancora nuova alla fine degli anni ’70, quella “zona grigia” che mescola e sovrappone vittime ed aguzzini.


https://www.lankenauta.it/?p=9239


Primo Levi e La notte dei Girondini


Si tratta di un testo importante, il primo in cui Levi parla esplicitamente di quella che sarà la “zona grigia”, ovvero l’ampia area che separa i carnefici dalle vittime, che troverà la sua definizione nell’omonimo capitolo de I sommersi e i salvati nel 1986. Il passo della nota a Presser suona così: “da molti segni pare sia giunto il tempo di esplorare lo spazio che separa le vittime dai carnefici, e di farlo con mano più leggera, e con spirito meno torbido, di quanto non si sia fatto ad esempio in alcuni recenti film ben noti”. Il film cui allude è quello di Liliana Cavani, Portiere di notte, di cui parlerà ancora.


Di nuovo riaffiora, seppur in modo diverso, un aspetto che gli era già chiaro vent’anni prima, nel 1955, quando aveva scritto un intervento (Anniversario): il nazionalsocialismo non santifica le vittime. Oggi aggiunge: «le degrada e le sporca, le assimila a sé, e ciò tanto più quanto più esse sono disponibili, bianche, prive di un’ossatura politica o morale». Cohn, prototipo dell’ebreo che collabora con i nazisti per sopravvivere, è detestabile e mostruoso, «ma la sua colpa è il riflesso di un’altra colpa ben più grave e generale».

sta in

https://www.doppiozero.com/primo-levi-e-la-notte-dei-girondini