venerdì 16 aprile 2021

i Fasci siciliani dei lavoratori,





...Anche nel grande movimento di massa che furono i Fasci siciliani dei lavoratori, sviluppatosi in Sicilia dal 1891 al 1893, i valori di liberazione legati alla tradizione popolare religiosa cristiana si univano laicamente ai motivi di ispirazione socialista. Questo legame favorì la diffusione del movimento in mezzo al popolo. Ma fu anche uno dei motivi che scatenò la repressione. Fede e liberazione storica dovevano restare separate. Il loro cortocircuito metteva in pericolo la stabilità del sistema di potere sia religioso che laico. I Fasci furono ufficialmente fondati il 1° maggio del 1891, a Catania. Il movimento era però nato in maniera spontanea già alcuni anni prima a Messina. Alla fine del 1892 il movimento si era diffuso in tutto il resto dell'isola con sedi in tutti i capoluoghi tranne Caltanissetta. Il 20 gennaio 1893 a Caltavuturo (PA) 500 contadini di ritorno dall’occupazione simbolica di terre di demanio vengono dispersi da soldati e carabinieri con i fucili e tredici manifestanti cadono vittime. Il 21 e 22 maggio 1893 si tenne il congresso di Palermo cui parteciparono 500 delegati di quasi 90 Fasci e circoli socialisti. L’apice del movimento fu raggiunto nell’autunno del 1893, quando il movimento organizzò scioperi in tutta l'isola e tentò un’insurrezione. Il presidente del consiglio Francesco Crispi, siciliano di origini arbëresh, adottò la linea dura con un intervento militare. Il movimento fu sciolto nel 1894 e i capi vennero arrestati dal commissario regio Roberto Morra di Lavriano. Il 30 maggio il tribunale militare di Palermo condannò Giuseppe de Felice Giuffrida a 18 anni di carcere, Rosario Bosco, Nicola Barbato e Bernardino Verro a 12 anni di carcere quali capi e responsabili dei Fasci siciliani. Nel 1895 con un atto di amnistia venne concessa la clemenza a tutti i condannati in seguito ai fatti dei Fasci siciliani. Si concludeva così in modo violento il primo vero movimento organizzato contro i proprietari fondiari e di emancipazione delle classi più umili. Alla sua repressione contribuì l’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica che in quasi tutte le diocesi censurò in modo emblematico il movimento, prendendo le difese dei latifondisti e dei proprietari di zolfare. In un primo momento il vescovo di Caltanissetta Giovanni Guttadauro dimostrò un qualche riguardo per le rimostranze popolari, ritenendo che non se ne potessero dissimulare le cause. Ma nel 1894, quando la repressione di Crispi chiudeva i conti con i Fasci, con il risultato di oltre 150 morti, precisò la propria opinione, affermando che le plebi erano state illuse «da istigatori malvagi e da ree dottrine». In modo analogo si espressero altri prelati, dal vescovo di Noto Giovanni Blandini, che definì «stoltizia» l’aspirazione a una distribuzione equa dei beni, al cardinale di Palermo Michelangelo Celesia, che si congratulò di persona con commissario regio Roberto Morra di Lariano, pianificatore delle stragi che posero fine al movimento (fonte: Carlo Ruta in Left Avvenimenti – L’Isola Possibile, 8 ottobre 2010).


tratto da

Mondo operaio e cristianesimo di base. L'esperienza dell'Isolotto di Firenze


DA PAGINA 17 a PAGINA 18 

Nessun commento:

Posta un commento