mercoledì 6 luglio 2022

Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini


Non è una provocazione. Nel 1978 il parlamento italiano votò la legge per l'abolizione dei manicomi dopo anni di denunce della loro disumanità. Ora dobbiamo abolire le carceri, che, come dimostra questo libro, servono solo a riprodurre crimini e criminali e tradiscono i principi fondamentali della nostra Costituzione. Tutti i paesi europei più avanzati stanno drasticamente riducendo l'area del carcere (solo il 24 per cento dei condannati va in carcere in Francia e in Inghilterra, in Italia I'82 per cento). Nel nostro paese chi ruba in un supermercato si trova detenuto accanto a chi ha commesso crimini efferati. Il carcere è per tutti, in teoria. Ma non serve a nessuno, in pratica. I numeri parlano chiaro: la percentuale di recidiva è altissima. E dunque? La verità è che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non ha idea di che cosa sia una prigione. Per questo la invoca, ma per gli altri. La detenzione in strutture in genere fatiscenti è sovraffollate deve essere quindi abolita e sostituita da misure alternative più adeguate, efficaci ed economiche, capaci di soddisfare tanto la domanda di giustizia dei cittadini nei confronti degli autori di reati più gravi quanto il diritto del condannato al pieno reinserimento sociale. Il libro indica dieci proposte, già oggi attuabili, per provare a diventare un paese civile e lasciarci alle spalle decenni di illegalità, violenze e morti. Postfazione di Gustavo Zagrebelsky.




“Abolire il carcere”, il pamphlet illuminista rilancia la sfida


"Abolire il carcere di Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone, Federica Resta, edito da Chiarelettere, non somiglia in niente alla gran parte dei saggi italiani che circolano oggigiorno. Al posto delle dispute di scuola, l’osservazione diretta della realtà di cui si scrive. Al posto delle descrizioni scorate e orfane di pars costruens un decalogo di proposte cui manca solamente la buona volontà per essere applicate. Al posto di una sola voce, e gravata dai dettagli biografici, quattro autori che si avvicendano nei diversi capitoli in modo indistinguibile ma contribuendo ognuno con un’ottica e una professionalità sue alla tesi condivisa
Con le loro stesse parole: “Il carcere non costituisce un efficace strumento di punizione, dal momento che quanti vi si trovano reclusi sono destinati in una percentuale elevatissima, più del 68 per cento, a commettere nuovi delitti”. E per dimostrare quanto e come il carcere sia inutile, i quattro autori procedono lungo i capitoli del saggio con una strategia argomentativa da veri e propri illuministi. In principio sfatano il mito che il carcere sia sempre esistito, indagando la storicità della pena detentiva


..Dieci cose da realizzare subito, dieci presupposti per un percorso di avvicinamento all’abolizione definitiva del carcere, dieci proposte concretissime che vanno dal superamento dell’ergastolo alla riduzione della carcerazione preventiva, dalle misure alternative alla detenzione fino alla soppressione della detenzione minorile. Ma non solo...




Sono state le leggi ordinarie, modificabili da qualsiasi maggioranza parlamentare, a introdurre l'idea che la risposta sanzionatoria dello Stato alla violazione delle leggi penali debba consistere nella privazione della libertà per un determinato periodo di tempo. E un simile concetto non lo si trova da nessun'altra parte e tantomeno nella Costituzione...
La pena detentiva troppo frequentemente corrisponde di per sé a un trattamento contrario al senso di umanità, al punto da generare il sospetto che essa sia - in sostanza - una pena inumana. E si dimostrerà ancora come sempre la pena detentiva - nella grande maggioranza dei casi - non tenda alla "rieducazione" del condannato, ma costituisca una sua degradazione fino a connotarne tragicamente il destino. D'altro canto, la Costituzione non parla mai di carcere, né di pena detentiva. Anche se i costituenti conoscevano solo il carcere (per averlo personalmente scontato durante il regime fascista) e la pena capitale, in modo saggio e miracolosamente lungimirante non aggettivarono le pene, lasciando campo libero a un legislatore che voglia cambiare radicalmente la fisionomia delle sanzioni penali. Siamo dunque autorizzati a osare.




Abolire il carcere significa, cioè, mettere in atto una serie di misure e provvedimenti capaci progressivamente ma concretamente di rendere la cella superflua, di ridurre la sua apparente necessità e ineludibilità: e di lavorare affinché costituisca davvero l’extrema ratio.

https://www.ilriformista.it/perche-il-carcere-e-un-pericolo-per-la-nostra-societa-e-va-abolito-270412/

Nessun commento:

Posta un commento