martedì 17 settembre 2024

terzo capitolo: nei seguenti "passim vagantes" solo caos,disobbedienza , disordine,immediatezze



"Andando dritto al punto: questi decenni e i prossimi si configurano sempre più come un era nella quale la governance delle popolazioni – che ha sostituito il governo democratico degli stati amministrando i flussi delle risorse invece di sviluppare una politica per i loro cittadini – si attua sempre più per via digitale – algoritmica – dando vita a società del controllo che si configurano mimeticamente come sistemi di sorveglianza e tracciamento diffusi e capillari. 



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"Autodeterminazione è il modo in cui comunità non soggiogate determinano sistemi e tempi della propria esistenza in relazione ai luoghi che abitano.

Autogoverno è il modo in cui in questi luoghi queste comunità amministrano la propria esistenza. 
Autodeterminazione ed autogoverno sono possibili solo con la costruzione dell’indipendenza politica."(dal web sito ANTUDO)

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Abitare la terra e risconoscersi nei luoghi
"[...la comunità che lo abita, le forme dell’identità e delle differenze, il suo profilo singolare, la sua sostanza di memoria e di dialogo, l’ineliminabile responsabilità delle scelte
conservative e progettuali, l’aspirazione alla giustizia, all’armonia, alle qualità di vita."(Luisa Bonesio ) 

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[...]soggetto errante, un “camminatore” (wandersmann).
infaticabile nomadismo. Perniciosa la  realtà retta da statuti , canoni, protocolli, vincolo di mandato,  dogmi,ideologia chiusa e conchiusa. Nel buon brodo della secolarizzazione occorre far proprio  l'apoftegma di un caro amico "‹‹Sono venuto per dividere›› (gf)

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“Negli anni a venire ci saranno solo monaci e delinquenti. E, tuttavia, non è possibile farsi semplicemente da parte, credere di potersi trar fuori dalle macerie del mondo che ci è crollato intorno. Perché il crollo ci riguarda e ci apostrofa, siamo anche noi soltanto una di quelle macerie. E dovremo imparare cautamente a usarle nel modo più giusto, senza farci notare.”
(Giorgio Agamben, Quando la casa brucia, 5 ottobre 2020, Quodlibet, Una voce)

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Massimiliano Cappello
Oggi 6 febbraio 2021 ricorrono 29 anni dalla scomparsa di padre David Maria Turoldo

«Gli ultimi momenti di una cultura politica milanese furono la mattina di gelo dei funerali delle vittime di piazza Fontana; e il pomeriggio di ghiaccio di quello di Pinelli. Pochi giorni fa, ventidue anni dopo, una grandissima folla era intorno alla bara di padre Turoldo. Brutto segno, le esequie. Lungo corso Vittorio stracolmo di folla potevi toccare con mano la fine di una forza politica (quella democratico-popolare che per quasi mezzo secolo aveva retto, ma sempre più debolmente, agli assalti della destra) e, forse, l’ancora incerto diffondersi di un impegno morale (e, per ora, pre-politico) fra giovani nuovi, silenziosi e, speriamo, implacabili».

In questo passo di Fortini (da Milano, città scomparsa?, 1992) si potrebbe riassumere un’epoca. Il senso lacerante della sconfitta dell’età delle rivoluzioni si esprime qui in tre momenti, funebri ed esemplari, sotto il basso continuo dell’atmosfera invernale che permea le sue pagine migliori. Ma che Fortini associ per contrasto i funerali degli assassinati a quelli di Turoldo la dice lunga su quell’epoca e su quella sconfitta."


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Padre Davide Maria Turoldo –  poeta, filosofo, membro dell’Ordine dei Servi di Maria, frate ribelle e sorvegliato speciale del Sant’Uffizio per quasi mezzo secolo, militante antifascista nella Milano occupata dai nazisti – fu innanzitutto un essere umano sino alla fine votato agli ultimi, alla «fraternità come unica legge», a un rifiuto della modernità (così spesso da altri ammantato di tratti reazionari, nostalgici, «evoliani») di matrice comunalistica.(Massimiliano Cappello)

la matrice comunalista (gf)...


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Quest’anno il Naadam, ovvero i giochi mongoli, si sono disputati a Ulaanbaatar poco prima delle Olimpiadi, attualmente in corso a Parigi. Una festa sportiva dalle origini ancestrali incentrata su di un unico principio: essere tutt’uno, parti di un intero. Non a caso, il titolo del Naadam di quest’anno è stato: "Unità Eterna". Tre sono le discipline che si disputano in questa giostra senza tempo: la corsa a cavallo, il tiro con l’arco e la lotta. 


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lunedì 16 settembre 2024

secondo capitolo: nei seguenti "passim vagantes" solo caos,disobbedienza , disordine,immediatezze




In memoria di Domenico, vittima due volte: di uno Stato troppo buono e troppo crudele


Di Domenico non seppi più nulla fino a quando, siamo alla fine degli anni Ottanta, non lessi sul giornale che un soldato di leva, proprio lui, aveva lasciato il proprio posto di guardia e con il fucile a tracolla si era recato in un bar per giocare al flipper. Al barista aveva solo detto che gli faceva male la testa e che era stanco. Sparerà, uccidendolo, al proprio capitano che, avvertito, si era recato nel medesimo bar per convincerlo a tornare in caserma. Poco dopo Domenico sarà ucciso a sua volta da una squadra di carabinieri che in assetto di guerra gli spareranno una raffica di pallottole.


Giuro che Domenico era un ragazzo davvero buono, mite e buono e per questo probabilmente vittima di quel feroce bullismo che nelle nostre caserme di allora non mancava e che riservava ai troppo buoni e remissivi sofferenze di ogni genere, compresa quella di costringerli a turni di guardia assidui e senza alcun rispetto per la dignità di un ragazzo che, pur soffrendo di crisi epilettiche e rassomigliando come una goccia d’acqua al giovane Antonio Ligabue, era stato ugualmente arruolato e al quale era stata negata perfino la soddisfazione di essersi conquistato, per proprio merito, la licenza di scuola media.


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dodecaedro romano romano conservato nel castello di Saalburg nell'Assia, poco distante da Bad  Homburg(Germania) 


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Quando #AlbertEinstein e #CharlieChaplin si incontrarono nel 1931, Einstein disse a Chaplin: "quello che ammiro di più della tua arte è la sua universalità. Non dici una parola, ma il mondo ti capisce."

"È vero." Rispose Chaplin, "ma tu sei ancora più da ammirare. Il mondo intero ti ammira, ma nessuno ti capisce."

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[il filosofo] " in  nessun caso confonde i suoi fini conquelli di uno Stato, né con gli scopi di un ambiente, poiché sollecita nel pensiero forze che  si  sottraggono  all’obbedienza  come  alla colpa, e riveste l’immagine di una vita al di là del bene e del male, rigorosa innocenza senza merito né colpevolezza. Il filosofo può abitare diversi ambienti, ma al modo di un eremita, di un’ombra, viandante, inquilino di pensioni ammobiliate.(G. Deleuze, Spinoza. Filosofia pratica)

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Il biopic "Maria" di Jessica Palud, presentato al Festival del cinema di Cannes, racconta dell’aggressione subita da Maria Schneider da parte di Marlon Brando, durante la più celebre scena di "Ultimo tango a Parigi" di Bertolucci


sabato 14 settembre 2024

nei seguenti "passim vagantes" solo caos,disobbedienza e disordine,immediatezze




“La verità è che se si passa la vita a tentare di non sentire dolore e paura va a finire che non si sente più niente.”

Lorenzo Marone - La tristezza ha il sonno leggero

https://www.ibs.it/tristezza-ha-sonno-leggero-libro-lorenzo-marone/e/9788830443563


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“Nessuno che impari a pensare può tornare a obbedire come faceva prima, non per spirito ribelle, ma per l'abitudine ormai acquisita di mettere in dubbio ed esaminare ogni cosa.”

Hannah Arendt, “Alcune questioni di filosofia morale”


“Finiremo tutti nel Sinai!”. È questo l’incubo dei palestinesi dalla Nakba in poi.

Un incubo che torna in tutte le guerre che essi hanno subito nel corso dei decenni e, con forza ancora maggiore, nel conflitto attuale, e che si esprime anche nella cultura e nella letteratura palestinesi, come nel romanzo Il libro della scomparsa, di Ibtisam Azem (tradotto in italiano nel 2021 dall’editore Hopefulmonster), che immaginava l’improvvisa scomparsa di tutti i palestinesi da Israele, dai territori occupati, da Gaza.

Esodo forzato, sfollamento, checkpoint per rendere la mobilità impossibile, frammentazione del territorio, occupazioni di terre, sfoltimento demografico mediante bombardamenti, carestie, costruzione delle condizioni perchè scoppino epidemie e, per chi non muore, ferite capaci di invalidare per l’intera vita.

https://gliasinirivista.org/sionismo-e-colonialismo/

https://lasiepedimore.com/2024/08/05/citazione-della-settimana-il-libro-della-scomparsa-di-azem-ibtisam/comment-page-1/

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La conoscenza è potere, e per ogni livello di conoscenza, sei responsabile di come la usi.

Gary Zukav

https://www.ibs.it/danza-dei-maestri-wu-li-libro-gary-zukav/e/9788867006939


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Pierre Teilhard de Chardin


Mon calice et ma patène, ce sont les profondeurs d'une âme largement ouverte à toutes les forces qui, dans un instant, vont s'élever de tous les points du Globe et converger vers l'Esprit.

Il mio calice e la mia patena sono le profondità di un'anima ampiamente aperta a tutte le forze che, in un istante, sorgeranno da tutti i punti del Globo e convergeranno allo Spirito.

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Franco Insalaco

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Tutti i discorsi sulla musica sono castelli per aria, miraggi verbali, invenzioni metaforiche a cui crediamo, ne comprendiamo il significato perché glielo attribuiamo noi, non in altro modo che linguisticamente. Jankelevitch sostiene che: La musica testimonia il fatto che l’essenziale in tutte le cose è un non so che d’inafferrabile e d’ineffabile; essa rafforza in noi la convinzione che, ecco, la cosa più importante del mondo è proprio quella che non si può dire”. Perciò, continua, si possono “scrivere libri sulla musica” solo “impiegando le astuzie della filosofia negativa”, in quanto afferrare “il mistero” che la musica ci fa “intravedere” è “una scommessa impossibile.

Vladimir Jankelevitch, La musica e l'ineffabile


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Al contrario di H.C. Andersen che complessivamente trascorse circa 10 anni della sua vita in viaggi fuori dalla madrepatria, Kierkegaard non vide mai la parte di mondo che sta più a sud di Berlino, per cui dovette ricorrere alla lettura o alla fantasia per farsi un'idea di come apparissero davvero i dolci "paesaggi" mediterranei. Si consolò col fatto che forse non era necessario partire: era sufficiente solo immaginare di essere al sud.

Nel maggio del 1837 lo studente sognatore riferisce infatti di un piccolo esperimento che si può compiere nel davanzale di casa propria:

" È curioso come si possa ottenere la tonalità blu-violetto italiana, che altrimenti non avremmo qui in Danimarca, guardando il cielo attraverso una finestra in una sera luminosa, semplicemente mettendo una candela tra sè e la finestra stessa"

(J. Garff, SAK, pag. 9 )


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In un teatro scoppiò un incendio dietro le quinte. Un clown uscì sul palcoscenico e avvisò il pubblico. Gli spettatori pensarono che si trattasse di uno scherzo e applaudirono. Il clown ripetè l’annuncio, con sempre maggior divertimento dei presenti. E’ così, immagino, che il mondo finirà distrutto: tra l’ilarità generale dei buontemponi, convinti che sia tutto un gioco.
S. Kierkegaard

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LA FORMAZIONE FILOSOFICA COME PRATICA DI SOGGETTIVAZIONE NEL CONTESTO PENITENZIARIOUna riflessione attraverso Foucault.Lucrezia Sperolini

LA FORMAZIONE FILOSOFICA COME PRATICA DI SOGGETTIVAZIONE NEL CONTESTO PENITENZIARIO Una riflessione attraverso Foucault. Lucrezia Sperolini


Ciò che gli oppressori in realtà si ripromettono è «trasformare la mentalità degli oppressi e non la situazione che li opprime»25, per dominarli meglio, adattandoli a questa situazione. A questo fine usano la concezione e la pratica dell’educazione “depositaria”, cui si aggiunge tutta un’azione sociale di carattere paternalista, in cui gli oppressi ricevono il simpatico nome di “assistiti”. Sono casi individuali, semplici “emarginati”, che stonano nella fisionomia generale della società. Questa è buona, organizzata e giusta. Gli oppressi, come casi individuali, sono la patologia della società sana, che ha bisogno, per questo, di adattarli a sé, cambiando la loro mentalità di uomini inetti e pigri(P. Freire,Pedagogia degli oppressi)

venerdì 23 febbraio 2024

La luna sulla terra di Riccardo Redivo.Un racconto dalla raccolta di Riccardo Redivo Racconti sempre meno (Robin Edizioni 2023).






Alla Terra che l’uomo calpesta

La fantasia è la facoltà di rendere plastico.
Novalis

   Infine hanno scelto me.
Una doppia vittoria dentro un’abissale sconfitta.
Vittoria perché hanno scelto me, appunto, e vittoria perché non ho una laurea, solo lavori e conferenze, scrittura e parole e, prolungamento di questa vittoria, non sono mai andato, almeno volontariamente, in TV o sul web (i filmati dei miei interventi arrivano subito dappertutto, ma non con il mio consenso). Quindi io, senza accademia, senza televisione, senza web. Ma è meno di una consolazione, è quasi il colmo di una conferma perché il mio compito è compreso dentro una sconfitta mostruosa, incredibile, sovrumana. Tutta l’arte fisica, concreta, plastica, finirà sulla Luna. Tutta. Tutte le manifestazioni artistiche che occupano spazio. Tutte. Di primo acchito mi sono messo a ridere, ma le giacche, gli occhiali, le età e quell’aria da noi possiamo tutto, abbiamo voti, soldi e potere mi hanno convinto: non scherzavano e mi avrebbero pagato quanto volevo. Piangevo per le mie due vittorie e per la più grande sconfitta dell’uomo. Spostare la propria arte, il proprio sensibile e visibile nucleo umano su un altro pianeta, apparentemente per rispettarlo, valorizzarlo, proteggerlo, in verità per disfarsene e liberare un bel po’ di spazio ad alloggi per esseri umani, è mostruoso, anche il solo pensarlo, figuriamoci il concepirlo. Le case, o meglio i dormitori che ne risulteranno saranno privi di fregi, di curve, di amore, di anima o di un seppur minimo approccio trascendentale. La traccia della propria umanità, spostata: rimarranno solo filmati, video e scansioni, ricordi subacquei di un cielo che non esisterà più, o che diventerà molto presto incomprensibile. Anche gli incunaboli, le cinquecentine, tutti i libri fino alla nostra ultima produzione libraria finiranno sulla Luna. Quegli uomini in nero, grigio e blu, in doppiopetto e senza barba, hanno detto che sospenderanno, grazie a una legge creata ad hoc, la pubblicazione di libri cartacei il primo gennaio del prossimo anno, anche qua per motivi ambientali, dicono, ma la verità è sempre quella, per dare alloggio al corpo umano, che abiterà vuoto case vuote: corpo e casa, due corpi freddi che non potranno riscaldarsi più. Magari non alla prima generazione, non alla seconda, ma alla terza, alla quarta… Venticinque miliardi di persone su questa Terra, ma che notizie, che storie, che arti si possono avere, si possono studiare, si possono fare? Niente, nulla, solo claustrofobia e sopravvivenza. E quindi via l’arte toccabile, visibile, annusabile, sfogliabile. Già non se ne sentiva la mancanza… non è vero, alcuni di noi avevano percepito una diminuzione, una riduzione collettiva dell’arte concreta, tangibile: a saper guardare, da anni non si creava nulla.


   Ho appena iniziato il lavoro e già il vuoto creato dalle rovine e dalle arti di Creta è stato rimpiazzato da un grattacielo chilometrico, un blocco unico, da costa a costa, senza soluzione di continuità. Così straniante che la parola grattacielo è sbagliata o insufficiente perché non ci sono case che possano indicare una qualche altezza, un qualche livello standard di confronto: se non c’è un riferimento, che cos’è l’alto?
Sulla Luna, invece, è tutto bello, ogni volta che ci penso e ogni volta che la vedo, piango, piango con la consapevole amarezza del privilegio che abbiamo io e la mia squadra di neanche cento persone fra esperti delle varie aree e trasportatori che mi hanno permesso di scegliere (non contando le migliaia di carcerati che sgobbano come bestie senza conoscerne il senso).
Con l’infinità di risorse e di soldi da parte di tutti i governi del pianeta (liberare chilometri quadrati significa investimento) sto realizzando una cosa impossibile che vedrà la luce nonostante la sua assurdità. All’inizio però non sapevo proprio da dove prendere questo progetto, da dove partire. Ero basito e smarrito. Poi mi sono fatto coraggio e ho scelto la via più semplice e chiara, la più semplice e chiara idea che potevo avere, almeno così ancora mi ripeto. Trasportare le varie fasi di una città, di una cultura mostrando i vari livelli di crescita, evoluzione, annientamento: non avevamo problemi di soldi e così potevo ricostruire tranquillamente uno sopra l’altro i vari periodi e anche integrarli tra loro. E ho subito capito che avrei fatto scoperte interessantissime in merito a molte civiltà concrete (così le chiamano nell’insegnarle ai ragazzi: civiltà che inquinavano e prendevano spazio, non come stavano facendo loro fondando questa nuova civiltà astratta… che in realtà mi sembra un’operazione in cui si asporta il paziente e si tiene il tumore). Non sapevo però da che civiltà, da che cultura iniziare né come circoscriverla. Poi ho trovato sia il come che il dove, ponendomi da filologo dell’arte umana. Per quanto sembri assurdo e borioso, era più o meno quello che mi si chiedeva, quello per cui ero pagato. Quindi sono partito per aree, prossimità di aree fino a conquistare tutto il mondo manufatto, tutto il mondo passato che abbia lasciato un’orma non digitale e non sonora. Sembra tanto, sembra impossibile, ma una volta progettato bene, tutto funziona, come un’operazione di chirurgia senza possibilità di emorragia o infezione. Almeno fisica. Strano no? Un’operazione fisica, concreta come la mia, che non provoca sangue né morti, è più devastante di tutte le operazioni a cuore aperto mai fatte. Perché il cuore su cui opero è chiaramente metaforico. Per fortuna non ho dovuto preoccuparmi né dei dinosauri o degli altri fossili animali, né dei resti scheletrici appartenuti ai nostri lontani fratelli, quelli che ci hanno preceduto e che non ci seguiranno. La parola d’ordine, la chiave era Arte nel suo significato più vasto, completo, il risultato tangibile di una modificazione per mano umana a fini artistici, trascendentali, di bellezza.

   Dopo aver salvato – alle volte mi dico, realisticamente, tradito – le prime opere dell’uomo quali le scritture murali (le incisioni rupestri della Valcamonica in Lombardia o le pitture rupestri di Lubang Jeriji Saléh nel Borneo o nella grotta di Chauvet in Francia…), i primi strumenti (i flauti d’osso, i tamburi di pelle…) le prime abitazioni (le molte grotte modificate in tal senso ma anche le tracce di alcune palafitte…) che alla fin fine non sono molte, pensavo di iniziare dalle popolazioni mesopotamiche, dalla mitica Mezzaluna fertile ma poi mi sono deciso per un’altra culla, Creta (quella della lineare A, dei geroglifici, della civiltà minoica) perché era una zona circoscritta che mi consentiva di fare la prima prova. Se per le precedenti opere le zone erano sparse e piccole (grotta, altipiano, parete, museo) per le successive epoche artigianali, artistiche, tecnologiche no, anzi. Per cui mi sono orientato sul piccolo, in termini relativi, per farmi le ossa e capire se la mia scelta poteva avere dei punti deboli. Ovviamente di punti deboli ne aveva, ma non così importanti da impedire il disegno generale, la teoria che avevo in mente e che oramai ha preso abbrivio e concretezza. Insomma, la parziale vulnerabilità veniva riscattata dalla quasi onnicomprensiva teoria che avevo elaborato e che, a dire il vero, era sorprendente solo per la sua realizzazione gigantesca, inumana, immorale, non per il modo; su quel punto credo non abbia inventato nulla.
Prima di iniziare ho chiesto a quelle eleganti e brutte persone come mai la Luna. Ingenuo che non sono altro! Non solo per la vicinanza al nostro bel geoide, ma perché sulla Luna – e chi ci aveva mai pensato? – ci stanno tutte le opere umane, tutte! La superficie di terra emersa in cui sono site il 98% delle opere umane è poco più di 149 milioni di kmq mentre la superficie della Luna è di quasi 38 milioni di kmq: la Luna è praticamente un quarto della Terra. Ma voi credete che tutte le superfici di terre emerse della Terra siano piene di opere d’arte, di manufatti umani? Ovviamente no! Ergo, ci sta tutto, tutto: dalle grotte di Matala al labirinto di Cnosso (per rimanere a Creta), dalla Valle dei Re (Egitto) alle Tombe dei Re (Cipro), dalle piramidi egizie a quelle azteche, dai quadri di Turner a quelli di Bacon, da… Beh, i quadri poi, assieme alle sculture e alle installazioni, riusciranno addirittura ad acquistare una maggiore visibilità: svuotando i magazzini, le cantine e le case, le opere artistiche messe da parte o sconosciute potranno venir viste, gustate, godute. È una gioia progettare nuovi grattacieli artistici, grattacieli costruiti esclusivamente per l’esposizione artistica. Mi sbizzarrisco nelle forme più complesse, simboliche. Una per tutte: le lettere dei primi sessanta versi dell’Inferno di Dante le ho rese grattacielo. E poi non c’è bisogno neanche di cessi o di uscite di emergenza. Dall’alto le città lunari saranno versi come non sono mai state quelle terrestri, arte nell’arte per chi saprà ancora leggere. È un mio vezzo, amaro, fàtico ma in qualche modo ludico. Una poesia eidetica inutile.

   Adesso sto registrando la mia voce percorrendo il labirinto, so dov’è l’uscita e dov’è l’entrata e so che il minotauro è il significato di questo uomo che ha spostato la propria produzione, da un fare vivo, attivo, a una conservazione proiettata alla dimenticanza. Un percorso che degenera dall’umanità alla bestialità, un corpo che vede con gli occhi di toro, che pensa, pur avendo due gambe, come se avesse quattro zampe.
Se avessi la possibilità trasformerei la Luna in una navicella spaziale e me ne andrei via con gli umani che conoscono il suo valore. Mettere però dei motori a questo satellite terrestre è praticamente impossibile per via delle giacche blu, grigie, piene di mostrine e bottoni e profumi che sorvegliano giorno e notte tutti noi, in ogni azione. Sono riuscito a fatica a farmi concedere questo registratore vocale giustificando che mi serviva come sistema di appunti per il trasloco dei manufatti. Avevo cercato anche di convincere uno di questi responsabili dell’Operazione Arte (nome ironico in quanto l’arte senza la presenza dell’uomo non può esistere: come la si valuta, chi la valuta, chi ne usufruisce?) dicevo, stavo cercando di convincere uno di questi responsabili potenti con profumi e bottoni a scegliere e formare alcune famiglie, almeno una cinquantina (che non sono niente a confronto degli uomini-coniglio che abitano oggi la Terra), addette al sapere concreto, plastico. Per la conservazione, o meglio per arginare una cancellazione storico-artistica nonché spirituale dell’uomo (vedere il Partenone su di uno schermo o in un ologramma non è vederlo veramente e non è come passarci in mezzo). Come, ma questo non glielo dissi, le antiche famiglie griot o le antiche scuole aediche. Mi guardò con un’espressione a punto di domanda. Gli ricordai che il mio salario poteva comprendere anche questa tipologia di spesa e allora, accettando l’incomprensione, accondiscese. Prima di lasciarmi cercò di rimediare alla brutta figura asserendo che in effetti qualcuno doveva far da guida, per fortuna non disse turistica, anche se ho il sospetto che si trattenesse, ai terrestri che avrebbero voluto vedere la Luna e che avrebbero sborsato uno sproposito, magari rinunciando a qualche centimetro della loro casa. La Terra sulla Luna, corressi a un certo punto, ma questo proprio non lo comprese. E non poteva nemmeno comprendere che se è vero che abbiamo cominciato a portare la Terra sulla Luna, nel senso che stiamo portando le cose più preziose prodotte dall’essere umano, è anche vero che abbiamo cominciato a portare la Luna sulla Terra, cioè l’aridità, il vuoto di arte e intelletto dei non esistenti lunatici. Alla fine nessuno ci guadagna, sono entrambi disastri ambientali e umani, disastri etici, spirituali. Noi, famiglie privilegiate perché acculturate o consapevoli, potremo vedere meglio l’anima dell’uomo che scoprirà qualcosa di sé che sulla Terra non riusciva a capire; perché i propri tasselli erano sparsi e per la maggior parte dei terrestri di difficile lettura, di ardua comprensione. È meno di una consolazione, ma me lo ripeterò fino alla fine. Non avrei senso altrimenti.

   Una cosa meno assurda, pure questa disumana e ufficialmente ancora illegale, è che i carcerati, a conclusione del lavoro, verranno mandati sui satelliti medicei in base alla pena comminata loro: i caldi vulcani di Io, i ghiacci di Europa, le rocce e i ghiacci di Callisto e Ganimede distingueranno diversi livelli di pena, ma indipendentemente dal tipo di reato commesso (e di questo la Terra-Minosse se ne fotte letteralmente). Inoltre, e qua dovrò terminare la registrazione per completare il labirinto, siccome sulla Luna siamo in pochi e la libertà di movimento e ascolto è concessa, tollerata, insomma più facile, ho potuto sentire uno di questi signori dire a un altro che il progetto di esportazione della flora terrestre su di un pianeta di cui non ho potuto raccogliere il nome avrebbe potuto iniziare a breve: una volta convinti i vari governi, quel pianeta sarà usato sia per la conservazione che per la coltivazione… cibo per la Terra! E la stessa cosa, ha continuato il doppiopetto, bisognerà fare con la fauna della Terra, ma c’erano ancora alcuni problemi da risolvere, in primis convincere i fanatici (e abbienti!) proprietari di animali domestici a privarsi di quelle creature ruba spazio e ruba cibo e ruba loro stessi.
Un’ultima cosa, che devo aver già detto ma che vale la pena ripetere (e ora che ci penso pena ha il doppio senso): la mia fortuna nei confronti del sapere umano mi porterà ad avere uno sguardo più distante, direi esterno, distaccato: l’uomo, sulla Luna umanizzata dalla storia dell’uomo, potrà riuscire a vedersi, potrà riuscire a vedere qualcosa di sé in un modo migliore. Come quando si discosta la tenda per far entrare pochi ma indispensabili raggi solari per comprendere la conformazione e gli ostacoli della stanza-mondo. Ma se lo capiremo solo io e quella cinquantina di famiglie che sono quasi pronte a proseguire il trasloco delle varie aree della Terra artistica, avrà qualche importanza per l’uomo? Un esperimento in-vitro che non può riprodursi, che non ha bisogno del risultato né può darlo, un vicolo consapevolmente cieco intrapreso solo per il rispetto del sentire di un’anima che l’uomo potrebbe avere? Con il sospetto viscerale che questa fantomatica, fatidica, faticosa anima possa venir (anche lei!) relegata lontano dal corpo, magari in un pianeta che l’uomo non ha mai calcato…
E così, la fantasia andrà via dalla Terra.


Riccardo Redivo (1978) è figlio di librai storici di Trieste, città in cui vive e lavora. Si è laureato in Lettere e Filosofia e dal 2010 collabora con il mensile di ecologia e cultura Konrad, di cui attualmente è il direttore. È pubblicista e ha scritto testi per canzoni, teatro e burattini. Tra le sue pubblicazioni: La letteratura morale. Piccolo saggio su due libri di Boris Pahor, Asterios Edizioni (2008); Alda Merini. Dall’orfismo alla canzone. Il percorso poetico (1947-2009), Asterios Editore (2009); Doppio canto. La poesia cantata della letteratura italiana. Analisi e inventario delle musicazioni. 1900-2012, Metauro Edizioni (2012); la raccolta di poesie Uvala, Sillabe di Sale Editore (2017); il romanzo Era un appassionato di arcobaleni, Il Seme Bianco editore (2018); la curatela meriniana Confusione di stelle, Einaudi (2019); il romanzo Mismas, Sensibili alle foglie (2020) e il contributo “La trasformazione dell’endecasillabo nelle musicazioni pop italiane” in Paolo Bravi, Teresa Proto, L’endecasillabo cantato. Dalla metrica alla voce, Nota edizioni (2022).