domenica 23 aprile 2023

Tra i libri di casa. "Il pudore-Un luogo di Libertà" di Monique Selz



In una società come la nostra, in cui l’occhio dell’altro, nelle infinite e multiformi accezioni, è portato ad intrufolarsi ovunque, trovando dall’altra parte altrettanta disponibilità alla esibizione. In una società come la nostra in cui il bisogno di possesso di beni materiali non trova quasi confine con la “fame” di possedere l’altro come oggetto. Il pudore sarebbe proprio una delle garanzie che noi abbiamo di libertà nei confronti dell’ “altro” che con il suo “sguardo” ci forza in continuazione, ci forza ad una difesa. Il pudore allora si dimostra una difesa indispensabile, affatto patologica, della nostra intimità, individualità e sovranità. Il pudore come sentimento contro la trasparenza voluta a tutti i costi, contro il “pubblico” imposto a suon di medialità; il pudore quasi baluardo contro l’illusione della logica imperante del “tutto è possibile”. 


"Dal cogito cartesiano, e poi attraverso differenti tradizioni filosofiche (Kant, Husserl, Scheler, Heidegger, Sartre…) fino alla recente attualità (con Levinas e Ricoeur tra gli altri), abbiamo assistito all’emergere di ciò che può essere definito un luogo proprio a se stessi, quello della intimità, mentre si andava scavando uno spazio di discontinuità tra se stessi e l’altro, che è appunto quello dove noi possiamo pensare che abbia sede il pudore” "L’amore è possibile solo se chi ama e chi è amato sono distinti l’uno dall’altro e dunque separati”. "“Dire che non c’è niente da nascondere, significa immediatamente affermare che qualcosa è nascosto, e tale rimane”."Una comunità umana non può sopravvivere a lungo alla perdita del pudore. Pretendere di farne a meno, significa aprire la strada al ritorno della bestialità"

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Il pudore, in una società permissiva come la nostra in cui il consumismo è smisurato, sembrerebbe una qualità fuori moda. Oggi la parola d'ordine è sviluppare il mercato, cioè mostrare tutto, per suscitare il desiderio di possedere e acquistare. Ma è umana una società fatta esclusivamente di consumatori e utenti? E non è il pudore uno dei luoghi attraverso cui passa il nostro accesso alla libertà? La riflessione di Monique Selz, radicata nella pratica psicoanalitica, delinea i contorni del pudore e mette in evidenza quanto esso permetta a ciascuno di vivere la propria singolarità all'interno della collettività.

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Il pudore, sentimento e comportamento insieme, ha a che fare con la vergogna dell’altro, o con la vergogna causata dall’altro. In quanto tale implica e fonda la presenza e la stessa possibilità dell’altro, creando uno spazio riflessivo per l’individuo. Nel secondo capitolo, per esempio, Selz si sofferma a lungo sull’amore, desiderio di annullare le distanze, di fusione, che però vive proprio nel riconoscimento dell’altro come limite. “Dunque il pudore, attestando l’esistenza del corpo sessuato dell’uomo, ma anche delle sue capacità riflessive e di linguaggio, rivela la sua umanità, differenziandolo da tutti gli altri esseri viventi, fra i quali vergogna, pudore e castità sono assenti”. “È chiaro allora che bisogna separarsi per amare, ma non c’è dubbio che bisogna anche essere sufficientemente in grado di perdere se stessi nell’altro – senza però che tale perdita sia totale – per amare e per vivere”.
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Il pudore interviene quindi a definire il confine di un luogo che è prerogativa di se stessi, il “proprio” luogo, che è poi il luogo della libertà dal quale parte lo scambio con l’altro nel rapporto d’amore, ma anche il luogo della sana a giusta protezione nei confronti dell’altro: bisogna saper proteggere se stessi per saper e poter proteggere l’altro sostiene la Selz.

Il pudore è dunque il linguaggio del corpo, ma anche il linguaggio che preserva i corpi che si associano e si dividono tra di loro in un moto di continuità; il linguaggio è dire ma anche nascondere (non fare mistero) del proprio essere, e il pudore rappresenta la libertà del linguaggio di muoversi nel mondo delle relazioni.

Conclude la Selz intendendo il pudore come garanzia, non solo garanzia per il singolo per potersi rifugiare nei momenti di difficoltà, ma anche una garanzia collettiva, una garanzia del genere umano che invece è tanto provata e tentata dalla esteriorità, dalla apparenza e dall’eccesso di trasparenza.

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Se oggi la società non sembra più insegnare il senso del pudore, resta la madre che nell’adolescenza e nell’infanzia può creare, permettere, un sentimento di pudore ai e verso i figli. Il bambino fin da piccolissimo ha un’idea chiara del pudore: bisogna solo rispettare il suo spazio, la sua fisicità, come ad esempio la sua camera. Il rispetto dello spazio consente di far nascere uno spazio psichico. Non entrate in camera senza annunciarvi, bussate. È interessante risalire all’etimologia del termine ‘segreto’, per capire il ruolo del segreto tra due persone e tra questo e il concetto di pudore. ‘Secretum’ è il participio passato del verbo ‘secerno’, separo. Il prefisso ‘se’ indica separazione, mentre il verbo ‘cerno’ significa passare al setaccio, e designa l’operazione di separare il grano buono dalla crusca. Da ‘secerno’ derivano il termine secrezione e segreto. Il foro quindi, il foro del segreto, lascia passare oppure trattiene. La funzione del segreto è essenziale, perché senza il segreto non esisterebbe alcun luogo dell’intimità. 



Anni fa, la psicoanalista Monique Selz prese di mira la “dittatura della trasparenza” che domina le nostre società soggette al panopticon (idea di Bentham in funzione carceraria), ovvero la volontà di controllare l’individuo in ogni istante della sua vita (il Grande Fratello orwelliano ante litteram; e si ricordi che la trasparenza fu un mito totalitario del sovietismo). Una società onesta e sana sa – scrive il filosofo ebreo Shmuel Trigano – che nella vita di ciascuno di noi deve rimanere una sfera di “occultamento” dallo sguardo degli altri, perché «senza un’episodica eclissi, senza battito di palpebre né periodico sonno, qualsiasi presenza è impossibile nel mondo». Ma questo contrasta con la cultura vigente: tutto è merce e il consumo va incentivato.
Addio dunque a vergogna e pudore. Ma le cause non sono solo sessuali, c’è prima di tutto l’invidia: quella, disse Lacan, fra fratellini che aspirano al seno materno. Oggi la grande madre da nutrice si è trasformata in produttrice, mater-tech secondo Erich Fromm, e ci spinge a ostentare noi stessi senza freni né veli per avere notorietà e ricchezza. L’impudicizia come consumo.
(Maurizio Cecchetti giovedì 20 dicembre 2018 -quotdiano Avvenire)

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