Benvenuti, amici. Lasciate che mi presenti, il mio nome è Icario, cittadino del mondo, estraneo di questa terra. Vivo nel cielo, come gli uccelli, e con loro ho volato sopra ogni angolo di questo pianeta. Ho visto città così alte da sfiorare le nubi del cielo, foreste così grandi da sembrare oceani e mari così piccoli da apparire come pozzanghere. Conobbi i popoli più diversi e ascoltai molte delle loro storie cosicché oggi, se vorrete, potrete ascoltarne qualcuna. Vi avverto, potrebbero sembrarvi fiabe conosciute, ma abbiate la pazienza di ascoltare la fine perché, sapete, ogni racconto è un piccolo universo. Ora però avvicinatevi, amici miei, sto per narrarvi di una terra verde chiamata Britannia e di una storia che lì ascoltai molti anni fa.
Ai tempi di re Artù vi era un cavaliere, alto, bello, coraggioso e forte ma, ahimè, ben poco virtuoso. Amava le donne, il vino e le risse, e quando non poteva averne, una furia cieca lo divorava. Fu in un giorno di giugno che lungo le rive dell’Avon vide una giovane fanciulla di rara bellezza cogliere fiori. Il cuore del cavaliere arse di lussuria e, avvicinatosi, cercò di sedurla con dolci parole: “Bellissimo fiore dell’Avon, sboccia per me, lascia che posi le mie labbra sulle tue che tanto m’hanno stregato”. La ragazza, impaurita, rispose al cavaliere: “Oh mio buon signore, le tue parole mi colpiscono l’anima, ma non posso di certo concedermi a voi senza il volere di Dio”. Non fu necessario un secondo rifiuto, la furia lo rese cieco e in un attimo balzò addosso alla giovane. Quante urla, quante suppliche si sentirono quel giorno sulle rive dell’Avon ma, ahimè, nessun uomo corse in aiuto della fanciulla.
Sazio della sua ferocia, il cavaliere lasciò la giovane esanime per riprendere il suo cammino ma non fece molte miglia prima di essere raggiunto dalle guardie del re. Dovete sapere, infatti, che quella giovane ragazza era la più piccola fra le figlie del Duca di Bath, fedele suddito del grande re Artù. Per questo il cavaliere fu condotto in catene alla corte del sovrano. Interrogato dal re, egli ammise la sua colpa implorando clemenza: “Grande Artù, tu che sei il più magnanimo fra tutti i re del mondo, ti chiedo di risparmiare la mia vita, lascia che mi ritiri da penitente affinché non possa più nuocere a nessuno”. Non aveva ancora finito di parlare che sulla soglia apparve Ginevra, la regina: “Marito mio, lascia che sia io a decidere della sua sorte poiché il crimine fu commesso contro una donna, quindi da una donna dev’essere giudicato”. Il cavaliere tremò e scoppiò in lacrime: “Mia signora, sublime regina, ti supplico, risparmiami la vita”. La sovrana, guardandolo con disgusto, disse: “Avrai salva la vita, ma a una condizione: entro l’alba dovrai dirmi qual è il desiderio più grande per una donna. Se risponderai, correttamente, potrai riprendere il tuo cammino, ma se fallirai darò la tua testa in dono al Duca di Bath”.
Quanto poco sollevato fu il cavaliere dopo aver udito le parole della regina! Poiché aveva sempre visto le donne come oggetti e mai veramente vi aveva parlato, non sapeva cosa desiderasse realmente il loro cuore! Uscito dal palazzo iniziò a domandare in giro ma, per quanto chiedesse, ogni donna gli dava una risposta diversa: “l’amore”, “il denaro”, “la bellezza”, “la fama”, “la libertà”. Persa ogni speranza, il cavaliere si avviò nel bosco con l’intenzione di porre fine lui stesso alla sua vita ma proprio al limitare della selva una vecchia – la più orribile che possiate immaginarvi! – si avvicinò e gli disse: “So perché ti affliggi tanto, mio bel cavaliere, ma ora ascoltami, ti dirò la risposta al quesito della regina però tu, dopo aver avuta salva la vita, mi darai quello che ti chiedo”. L’uomo non poteva credere alla sua fortuna e senza esitazione gli rispose: “Ti darò qualsiasi cosa tu voglia, però ti prego, dammi la risposta, l’alba è vicina!”. La vecchia si avvicinò, gli sussurrò all’orecchio e poi scomparve nel bosco. “Dev’essere una strega” pensò “però poco m’importa, ormai la vittoria è mia” e corse al palazzo di Artù.
Giunto a palazzo, fu portato davanti alla regina e alla sua corte di donne e li prese la parola: “Potente regina, rispettabili donne di corte, ho la soluzione al tuo enigma: tutte le donne hanno un solo desiderio, dominare il proprio marito”. Un silenzio tombale cadde fra tutte le donne, ma solo per pochi secondi, perché un riso esplose fragoroso come un tuono. La regina, ancora assorta nelle sue risa, disse: “Mio caro cavaliere, la tua risposta è così sbagliata che non posso fare a meno di ridere. Vedi ti ho mandato alla ricerca di una soluzione che non esiste, noi donne, come voi uomini, abbiamo desideri diversi, e solo se avessi davvero ascoltato una donna avresti potuto capirlo. Ora però basta ridere, la tua vita si conclude oggi, deriso da chi tanto deridevi”. Caduto in ginocchio il cavaliere tornò a supplicare: “Ti prego, non uccidermi, cambierò, sarò un esempio di virtù d’ora in poi, non toccherò mai più una donna senza il suo consenso! Anzi, sarò solo al servizio di voi donne affinché ogni vostro desiderio possa avverarsi!”. Proprio quando terminò di parlare apparve la vecchia che aveva incontrato nel bosco. “Mia regina, risparmia la vita a quest’uomo perché mi ha promesso quello che più desidero se fosse stato graziato. Ebbene se lo risparmierai dovrà sposarmi e seguirmi ovunque io vada”. Un’altra risata esplose fra le donne mentre il cavaliere, disgustato dalla richiesta, si gettò ai piedi della regina: “Ti prego uccidimi, non lasciarmi alla mercé di quella strega, preferisco morire”. Ginevra lo guardò e con sottile ironia gli rispose “Oh, mio virtuoso cavaliere, come cambi in fretta i tuoi pensieri! Poco fa dicesti che avresti esaudito tutti i desideri di noi donne e ora ti rifiuti in questo modo?”, poi si rivolse alla vecchia: “Tu, prendi quest’uomo che da oggi sarà tuo marito per mio volere e fatti servire in tutto ciò che desideri affinché trascorra la vita che gli resta maledicendo i suoi errori”. Fu così che il cavaliere, privato dell’armatura e rivestito di umili vesti, s’incamminò lontano al fianco della sua nuova moglie, rimpiangendo per sempre i suoi errori.
Così termina questa storia che mi fu narrata tempo fa da una donna della piccola città di Bath. Ora tornate pure alle vostre case e ripensate a quello che vi ho raccontato: ascoltate col cuore e abbiate rispetto, o finirete con un rospo nel letto!
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